Inchiesta sui rifiuti, parla il sindaco Leoni: «Tirato in ballo per una polizza mai fatta, “in cambio” di un voto senza peso»

ROCCAFLUVIONE - Il primo cittadino è tra i 22 indagati dalla Procura antimafia di Ancona, per il presunto conferimento di rifiuti non autorizzati nella discarica Alto Bretta di Ascoli, con l'altrettanto presunto favore da parte di alcuni esponenti istituzionali del Piceno
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Francesco Leoni

di Maria Nerina Galiè

 

Inchiesta sui rifiuti ad Ascoli, 22 persone indagate e 2 aziende, chi per aver conferito rifiuti non autorizzati nella discarica Alto Bretta, chi per averlo favorito in cambio di soldi o favori personali, secondo la Procura antimafia di Ancona.

 

Nel fascicolo, oltre a vertici e collaboratori della Geta srl, intorno alla quale si è mossa prima la Procura di Ascoli, archiviando il caso, poi quella antimafia di Ancona che ha invece fatto partire gli avvisi di garanzia, compaiono esponenti delle forze dell’ordine e nomi di spicco del panorama istituzionale marchigiano e piceno. Ci sono Piero Celani (ex vice presidente del Consiglio regionale, ex sindaco di Ascoli, ex presidente della Provincia di Ascoli ed attuale consigliere comunale il secondo), Anna Casini (ex vice presidente della Regione ed attuale consigliere regionale), ma anche l’ex presidente della Provincia di Ascoli Sergio Fabiani, una consigliera comunale di Ascoli Daniela Massi e il sindaco di Roccafluvione Francesco Leoni.

 

Quest’ultimo è chiamato in causa dalla Dda del capoluogo dorico per “attribuzione di utilità mediante stipula di prodotti finanziario-assicurativi e di previdenza complementare” con una società rappresentata dal figlio, consulente finanziario.

 

Non sa se ridere o piangere il sindaco Leoni, mai un ombra nel suo curriculum personale e come amministratore. Ci sono amarezza, nelle sue parole, ed una legittima preoccupazione, legata alla sorpresa per essere tirato in ballo: «Sono tranquillo dal punto di vista giudiziario. So bene di non aver fatto assolutamente nulla di ciò per cui mi accusano. In ogni caso ho dovuto prendere un legale di fiducia, attraverso il quale ho richiesto i fascicoli che mi sto leggendo con attenzione. Anche su consiglio dell’avvocato, devo capire sulla base di che cosa hanno fatto ipotesi contro di me».

 

La Valle del Bretta

Stupore per due aspetti che proprio non quadrano al primo cittadino di Roccafluvione, poco più di 2.000 anime: «Ho diritto di voto in Ato come gli altri 32 sindaci della provincia. Ma il mio voto vale soltanto l’1,80%, perché è calcolato in base al numeri dei residenti. Non capisco proprio in che modo avrei potuto influire sul risultato, il peso che poteva avere un mio sì o no».

Poi sulla polizza assicurativa: «Ci sono stati tre incontri con Brandimarte (Ivan, amministratore della Geta srl fino al 2018, pure tra i nomi nel mirino della Dda di Ancona, ndr), al qualeFrance mio figlio ha proposto il prodotto assicurativo. E c’ero anch’io. Ma alla fine la trattativa non è andata in porto ed il contratto non è stato fatto. La Procura avrebbe anche potuto controllare».

 

Come è arrivato a proporre la polizza a quello che all’epoca era il numero uno della Geta?

«Conoscevo da tempo Francesco Zilio (collaboratore stretto di Brandimarte, anche lui tra gli indagati, ndr) per essere stato cliente della banca in cui lavoravo. L’ho rivisto dopo anni ad Ascoli e, parlando del più e del meno, mi ha detto del suo nuovo incarico alla Geta. In quell’occasione, come avrebbe fatto chiunque al mio posto, gli ho chiesto: perché non mi fissi un appuntamento per mio figlio, per proporre una polizza? E così è stato. Ci siamo andati tre volte, appunto. Per poi non concludere nulla.

 

Che possa esserci stato, in quelle occasioni, uno scambio di battute sull’Ato? Non so, del tipo: mi raccomando in assemblea.. Non lo escludo, ma nemmeno dico che è stato detto. Sono passati tanti anni (era il 2017 e già le conversazioni del vertice della Geta evidentemente venivano registrate, ndr). Davvero non so proprio cosa pensare».

 

Dall’esame del fascicolo in mano alla Procura anconetana, infine, Leoni si sente di dire con fermezza: «Non ho finito di leggere, ma le carte mi hanno ricordato un aspetto importante: il mio voto in assemblea Ato – seppure spostava poco – è sempre stato in linea con quello della maggioranza dei sindaci. E non solo. Ho votato nell’interesse pubblico. Sì alla Geta srl, appena ha avuto le autorizzazioni, per il costo di 92 euro la tonnellata, contro i 120 euro che costava il conferimento a Fermo. Il risparmio si sarebbe riversato sulla bolletta dei cittadini. Io, come quasi tutti gli altri colleghi, abbiamo scelto in tal senso».

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