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Legge 194, l’Ordine
degli assistenti sociali:
«Subito un tavolo per ribadire
il ruolo dei Consultori»

MARCHE - La presidente regionale Marzia Lorenzetti si appella alle istituzioni per una ricognizione urgente sul servizio territoriale. «Snodo centrale nei percorsi assistenziali». «Non applicando le linee guida ministeriali, si andrà certamente verso l’aumento delle Ivg, magari in forma privata e clandestina»
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Un momento del Consiglio regionale Marche 

Continua a far discutere il “no” della pillola abortiva nei Consultori delle Marche, stabilita dalla Regione (leggi qui) che sul tema non ha riconosciuto le linee guida dettate dal Ministero.

A scendere in campo, stavolta, l’Ordine degli assistenti sociali delle Marche a seguito di numerose sollecitazioni arrivate dai propri iscritti, inviate anche – con apposita nota – al presidente Acquaroli, agli assessori Saltamartini e Latini, unitamente al presidente del Consiglio Latini.

«Rappresentando oltre 1.200 professionisti – commenta la presidente dell’Ordine Marzia Lorenzettiabbiamo deciso di elaborare un contributo specifico su un tema che tocca la sfera dei diritti sociali e della tutela della salute, in piena adesione al nostro Codice Deontologico che, all’art. 7 così afferma: “l’assistente sociale riconosce il ruolo politico e sociale della professione e lo esercita agendo con o per conto della persona e delle comunità, entro i limiti dei principi etici della professione”».

La legge 194, rimarca la presidente, è una legge dello Stato e come tale ne va garantita il rispetto e l’applicazione.

Con essa si dichiara che “l’interruzione volontaria della gravidanza, non è mezzo per il controllo delle nascite” e che “lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.

In merito ai Consultori Familiari, si ribadisce che esso è un servizio territoriale multiprofessionale rivolto alla comunità e orientato alla prevenzione e alla tutela della salute e della qualità della vita delle donne, dei soggetti in età evolutiva, dei giovani, delle coppie e delle famiglie.

«Il Consultorio – si legge sempre nella nota della presidente dell’Ordine degli Assitenti Sociali – riveste uno snodo centrale nei percorsi assistenziali della legge 194, in quanto offre alla donna la possibilità di avere la certificazione prevista per interrompere una gravidanza non voluta, certificazione che non rappresenta l’inizio del percorso ma il suo eventuale epilogo finale.

Il clima di accoglienza, neutralità e segretezza, all’interno dei Consultori, consente alla donna di essere accompagnata da professionisti esperti. Nel colloquio di servizio sociale, la donna viene informata, dei servizi e delle risorse del territorio che possono rispondere alle esigenze specifiche, prevedendo un invio informato per essere supportata nella decisione di proseguire, o meno, con la gravidanza e di ulteriori percorsi come l’adozione, il parto in anonimato e l’affido familiare».

Altro aspetto che l’Ordine ritiene di evidenziare riguarda i numerosi i richiami alla riqualificazione e al potenziamento dei Consultori pubblici, come all’interno dei nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) del gennaio 2017, nel Piano Nazionale Fertilità, nel IV Piano nazionale infanzia e adolescenza che ha riconosciuto l’esigenza di una riqualificazione e un potenziamento di queste strutture.

E le linee guida del Ministero della Salute, aggiornate all’agosto 2020, confermano il ruolo dei Consultori i quali, attraverso una gestione responsabile e competente, forniscono alla donna la possibilità di accedere alla pillola RU 486, evitando di sottoporsi a un intervento in regime ospedaliero.

«Riteniamo – sottolinea Lorenzetti – che modificando i percorsi già in essere e non applicando le linee guida ministeriali, si andrà certamente ad incrementare proprio ciò che si teme: l’aumento delle Ivg, magari in forma privata ed in forma clandestina, con grave rischio della salute della donna.

Recepire, come la regione Lazio lo scorso dicembre, le linee di indirizzo emanate dal Ministro della Salute, dopo ben 10 anni dall’introduzione del metodo farmacologico in Italia, permette di rimuovere gli ostacoli all’accesso alla metodica farmacologica, nell’ottica di assicurare anche nella nostra regione, alle donne che richiedono l’Ivg, una possibilità che tenga conto dei dati basati sulle evidenze scientifiche, di alta qualità e rispettoso dei loro diritti. La sicurezza della procedura in contesti extraospedalieri impone alla sanità pubblica di garantire alle donne la possibilità di scegliere».

Un imprescindibile elemento di riflessione, per la Lorenzetti, è quello riguardante l’emergenza sanitaria e sociale in corso.

«La pandemia e la diffusione rapida del virus hanno determinato ripercussioni significative sull’organizzazione complessiva dell’assistenza. Si sono evidenziate le fragilità del sistema sanitario e sociosanitario, soprattutto nel settore dell’assistenza e della medicina territoriale creando un sovraccarico nell’assistenza ospedaliera. È necessario assicurare servizi territoriali certi e competenti, in particolare in questo momento emergenziale. 

Sui Consultori pubblici presenti nella nostra Regione, che sappiamo essere depauperati di figure professionali sociali e sanitarie che ne impediscono il reale funzionamento  si ritiene quindi urgente una ricognizione ed una conseguente azione a livello regionale per sviluppare gli attuali percorsi assistenziali integrati ospedale/territorio di tutela sociale della donna in gravidanza e Ivg chirurgica e farmacologica, in attuazione della Legge 194».

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