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Covid e scuole chiuse
«Medici e infermieri
costretti a cambiare i turni»

EMERGENZA CORONAVIRUS - Zona rossa e famiglie che da un giorno all'altro si sono ritrovate con i figli, anche piccoli, a casa e alle prese con la didattica a distanza. Ecco la storia di Elisa (insegnante) e Francesca (cardiologa) - PARTE SECONDA
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di Stefania Mistichelli

Scuole chiuse e genitori che lavorano. Continuiamo il nostro viaggio tra le famiglie sospese tra lavoro e figli a casa, raccontando la testimonianza di Elisa, insegnante con tre figli da 4 agli 11 anni, marito libero professionista, con una tipologia di lavoro che non può svolgere da casa.

La figlia di Elisa

«Il grande frequenta la quinta elementare, la seconda la terza e il piccolo la materna, ha quattro anni. Io insegno, ma non sono in dad. Facendo il sostegno vado a scuola, visto che i ragazzi “h” hanno il diritto di frequentare in presenza.

E poi, se fossi a casa come farei a gestire la “mia” dad, con i grandi collegati e il piccolo da intrattenere?».

Come vi state organizzando in questi giorni?

«Il primo giorno abbiamo fatto ricorso ai nonni, poi già dal secondo abbiamo capito che non era il caso, possono presentarsi problemi di connessione che magari non sanno gestire e in più c’è il piccolo da intrattenere, in modo che non dia fastidio ai più grandi.

Quindi, già dal secondo giorno è cominciato a rimanere a casa mio marito, anche se per lui non andare è un problema, perché pur delegando o inviando collaboratori al suo posto, spesso si trova a dover gestire problemi difficilmente risolvibili a distanza.

Il tutto crea anche nervosismo in casa, ovviamente.

Inoltre, avevo deciso di evitare di far collegare il piccolo, pensavo fosse pesante per lui e non necessario, invece è stato lui stesso a chiederlo.

Uno dei figli di Elisa

La sera mi chiede: “mamma preparo la merenda per andare all’asilo o mi collego con gli amici?”.

Le situazioni sono tutte così, in bilico. Mia sorella vive a Bologna, ha poco accesso allo smart working e il marito che prima andava spessissimo a Milano. Anche loro non ce la fanno più.

Secondo me, soprattutto i bambini più piccoli andavano preservati, non andavano chiusi i nidi, le materne e le elementari.

In generale non sono le scuole il luogo del contagio, però se vedo le scuole chiuse e poi i ragazzi in giro il pomeriggio per le vie della città o nei centri commerciali, non può funzionare».

Tra i genitori ci sono poi gli operatori sanitari: medici, infermieri, oss.

Come Francesca, cardiologa e mamma di Agnese, appena 17 mesi. Anche il marito lavora fuori casa. Nel suo caso a salvarla è giunta, ancora una volta, la rete familiare.

«Abbiamo saputo solo il giorno prima che il nido sarebbe rimasto chiuso. La chat dei genitori è impazzita. Io il giorno dopo avrei avuto il turno in ospedale, mio marito avrebbe dovuto lavorare, i miei genitori sono lontani e comunque i nonni avremmo voluto preservarli.

L’altro figlio di Elisa

Per fortuna una cugina di mio marito è venuta in nostro soccorso, rimanendo con Agnese nei giorni in cui non avremmo saputo a chi rivolgerci. Sinceramente mi sono sentita la più fortunata, per il fatto di abitare in uno stabile che condividiamo con dei familiari, che ci hanno potuto aiutare.

Non so gli altri come possano aver fatto.

Conosco diversi infermieri che sono originari del sud e non hanno parenti qui; so che hanno fatto dei cambi turni, ma immagino che per loro sia difficilissimo, come per tanti altri».

A mitigare la situazione solo la speranza che questa chiusura sia momentanea e che, dopo Pasqua, riaprano le scuole, soprattutto per i bambini più piccoli.

«Ho sentito tanti genitori in questi giorni – continua Francesca – e ho visto che tutti sono disposti a fare questo ultimo enorme sforzo, a patto che sia davvero l’ultimo e limitato nel tempo».

 

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