«Dopo pochi giorni dall’addio di Sinisa, ho perso un altro fratello. Anzi, un fratellino, come amavo chiamarlo, perché ci siamo incontrati a 16 anni e non ci siamo mai più separati. Abbiamo fatto tutto il cammino insieme.
Giovanili azzurre, Nazionale, la Samp, le gioie, i dolori, i successi e le sconfitte. E poi le due notti di Wembley. In una abbiamo pianto insieme per il dolore e per l’amarezza, tanti anni fa. Nell’altra abbiamo pianto di gioia, come se fossimo stati uniti dal destino, prima della sua scomparsa».
Sono le parole di Roberto Mancini, CT jesino della Nazionale di calcio, che dopo il silenzio di ieri, oggi sul “Corriere dello Sport-Stadio” ha parlato del suo amico fraterno Gianluca Vialli, morto all’età di 58 anni.
«Ringrazio il presidente della Figc Gravina. Lo ha voluto in Nazionale e ne sono stato felice. Ha avuto un ruolo decisivo per la conquista del titolo europeo – ha aggiunto Mancini – i giocatori lo amavano. Gianluca ha avuto la forza e ci ha dato un coraggio che non conoscevamo.
Ci è stato accanto fino a quando ha potuto. Con la sua forza andrò avanti per dedicargli qualcosa di importante che io e lui sognavamo da una vita».
Mancini era stato a Londra, in clinica, da Gianluca Vialli pochi giorni prima della fine dell’anno.
Vialli infatti si era nuovamente ricoverato al “Royal Marsden Hospital” dopo la recrudescenza del cancro al pancreas che aveva scoperto nel 2017.
«Era privo di forze, con poca voce, ma lucidissimo. Un leone fino all’ultimo. Abbiamo parlato un po’ di tutto, mi ha chiesto perfino come era andato lo stage di dicembre con i giovani. Anzi, mi ha riempito di domande: voleva sapere tutto, ci teneva a conoscere i progressi del nostro progetto», le parole di Mancini riportate da “La Gazzetta dello Sport”.
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