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Denominazione “Montepulciano”, il Consorzio Vini Piceni in audizione alla Commissione agricoltura della Camera 

SODDISFATTO il presidente del Consorzio Giorgio Savini che, insieme con il direttore Armando Falcioni, ha avuto la possibilità di sporre pubblicamente ed ufficialmente le motivazioni per la modifica della legge che riammetterebbe l’utilizzo dei vitigni parte integrante di un vino Dop 
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Si è svolta ieri, lunedì 18 dicembre, l’audizione alla XIII commissione agricoltura della Camera dei Deputati, presieduta dall’onorevole Mirco Carloni, anche a seguito della richiesta del Consorzio Vini Piceni di poter esporre pubblicamente ed ufficialmente le motivazioni che lo spingono a sostenere la modifica  della Legge sul Testo Unico vite e vino che riammetterebbe l’utilizzo dei vitigni che fanno parte integrante di un vino Dop tra cui il Montepulciano.

 

Le audizioni sono state articolate nel corso della giornata, coinvolgendo rappresentanti chiave dell’agricoltura e della produzione vinicola: Tito Cieri, funzionario del Dipartimento agricoltura della regione Abruzzo, rappresentanti dei produttori di vino Montepulciano della regione Abruzzo, Andrea Maria Antonini, assessore all’agricoltura della Regione Marche, vari rappresentanti dei produttori di vino Montepulciano delle regioni Lazio, Marche, Molise, Puglia e Umbria.

 

«Essere riusciti ad esprimere la nostra opinione nella commissione parlamentare apposita è stato un grade traguardo – ha dichiarato il presidente del Consorzio di Tutala vini Piceno Giorgio Savini chiamato ieri a Montecitorio insieme al direttore Armando Falcioni e in audizione abbiamo spiegato ai membri che la possibilità di indicare il termine “Montepulciano’” sull’etichetta dei nostri vini significa soltanto rispettare uno specifico regolamento UE, il 33 del 2019, il quale recita che i vitigni non sono proprietà privata bensì patrimonio di tutti.

 

Siamo stati a Roma per difendere questo diritto dei produttori delle nostre denominazioni di origine, in particolare nel Rosso Piceno Dop, il rosso più diffuso delle Marche, e nell’Offida Rosso Docg, tutelati da questo Consorzio, di far conoscere realmente la composizione ampelografia delle nostre D.O.

 

Armando Falcioni e Giorgio Savini

Riteniamo paradossale che all’atto della descrizione dei vitigni che sono alla base dei nostri disciplinari, dove il Montepulciano può arrivare fino all’85%, dovremmo glissare come generico vitigno a bacca rossa.

 

Tra l’altro – continua Savini – la norma da noi auspicata ammetterebbe solo una descrizione generica, in maniera discorsiva e senza evidenziazioni di carattere e non campeggerebbe di fianco al nome della denominazione.

 

La nostra è una battaglia in difesa della trasparenza e correttezza nei confronti del consumatore delle nostre dop che ha il diritto di conoscere la reale composizione dei nostri vini e, quindi, non è un affronto al comparto abruzzese a cui, nelle misure in cui il termine “Montepulciano” viene ammesso, non può far concorrenza o creare confusione. La confusione verrebbe creata solamente se si ammettesse il suo sinonimo, ovvero il “Cordisco”, nome riesumato dal dimenticatoio, di cui non si rileva traccia nei nostri disciplinari, e probabilmente sconosciuto anche a molti del comparto del Montepulciano d’Abruzzo».

 

Oltre al Consorzio Vini Piceni, a supportare in questa missione e a rafforzare la tesi, erano presenti gli esponenti dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini ed autorevoli esponenti del mondo vitivinicolo.

 

«Ringrazio l’Onorevole Carloni, presidente della XIII commissione, per la disponibilità ad ascoltare le nostre tesi, visto che noi piceni rappresentiamo in termini di numeri, il comparto maggiormente coinvolto – ha concluso Giorgio Savini – così come tutti gli esponenti di altre realtà vinicole che hanno confermato tale posizione.

Insieme abbiamo ritenuto che a questo punto sarebbe opportuno chiedere un incontro con il Ministro Lollobrigida per confermare quanto da noi sostenuto.

Ringrazio anche l’assessore regionale all’agricoltura Antonini e tutti quei parlamentari ed esponenti politici del territorio piceno che hanno ritenuto, con specifiche azioni politiche, questo cammino giusto perché vicino al lavoro del mondo vitivinicolo piceno ed alle esigenze del consumatore finale».

 

Il Consorzio di Tutela Vini Piceni nasce, nel 2002, con l’obiettivo di valorizzare la produzione enologica del Piceno. Ad oggi, la realtà del Consorzio è composta da 56 soci, tra aziende agricole e cantine Picene, per un totale di circa 700 viticoltori coinvolti.
E può vantare il vino DOCG più diffuso delle Marche, l’Offida, nelle tipologie Pecorino, Passerina e Rosso. Ma anche tre vini DOC: il Rosso Piceno (anche nella tipologia Superiore), il rosso maggiormente prodotto nella regione, il Falerio (anche nella tipologia Pecorino) ed il Terre di Offida nelle versioni Passerina Spumante e Passito. Nell’anno trascorso sono state circa 7,5 milioni le bottiglie prodotte.

 

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