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Il funerale di Scalabroni
«Con la morte di William
se n’è andato l’ultimo ragazzo del ’43»

ASCOLI - Nella chiesa di Santa Maria Goretti i gonfaloni di Anpi, Provincia e Comune. Il dolore della moglie Luciana e dei figli Serenella, Sandra e Silvio, le parole del nipote. L'intervento di Pietro Perini: «Fortunato chi l'ha conosciuto e frequentato»
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La bara davanti l’altare della chiesa di Santa Maria Goretti

di Andrea Ferretti

(fotoservizio di Andrea Vagnoni)

«Non mancava occasione per gridare il suo disprezzo ai nazifascisti che aveva combattuto. Un giorno mi disse tu devi essere la mia voce, però quando preparavo i discorsi prima voleva rileggerli perchè, mi diceva, sennò tu ne passi». Nelle parole pronunciate da Pietro Perini, presidente provinciale dell’Anpi (l’associazione dei partigiani di cui William Scalabroni era presidente onorario) nonchè figlio del grande comandante partigiano Spartaco Perini, è racchiusa la figura di William.

Tutte le istituzioni presenti al funerale

Un uomo buono, mite e soprattutto coraggioso e carismatico, morto all’ospedale Torrette di Ancona dove era stato ricoverato dopo essere stato investito alcuni giorni fa da un’auto in viale Marconi, complice la scarsa illuminazione pubblica. Il funerale dell’ultimo partigiano di Ascoli è stato celebrato nella chiesa di Santa Maria Goretti. E’ lì che in tanti hanno sfilato – la bara è stata portata in chiesa un’ora e mezza prima del rito funebre – per rendere l’estremo saluto al vessillo della Resistenza ascolana. «Se ne è andato l’ultimo dei ragazzi del ’43. Ora i componenti della Brigata Partigiana Colle San Marco sono di nuovo tutti insieme, e mi piace pensarli in fila mentre marciano su quei sentieri che hanno rappresentato una vita, per molti di loro purtroppo molto breve» aggiunge Pietro Perini, il quale ricorda i racconti di suo padre Spartaco quando sgridò il 17enne William intimandogli di tornare dalla sua famiglia, lui che aveva lasciato la città per unirsi alla lotta partigiana contro i nazisti tedeschi, spalleggiati da fascisti locali, anche per mettere a disposizione degli altri la profonda conoscenza che aveva della montagna e di tutti i suoi sentieri. Già, i nazifascisti, quel manipolo di miserabili autori di un massacro passato alla storia come “I fatti del 3 ottobre”. Una data che resta scolpita nella memoria e nel travertino del Cippo e del Sacrario di San Marco nel ricordo di giovani e giovanissimi partigiani ascolani mitragliati vigliaccamente alle spalle o addirittura uccisi sul letto, inermi con la febbre a 40, come accadde a Carlo Grifi.

La chiesa di Santa Maria Goretti gremita

«Spero che lassù possa dare un bacio a mio padre, ma William continuerà a vivere dentro ognuno di noi» prosegue Perini il quale ricorda anche «le battaglie di William per il Cai e per l’ambiente, lui amante della montagna, un esempio per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, frequentarlo e volergli bene come un padre». Un ultimo aneddoto. «Non molto tempo fa – racconta – un giorno mi disse che la sera girava per Ascoli con una bomboletta di vernice spray in tasca con cui cancellava le scritte sui muri fatte dai fascisti». Al funerale c’erano un pò tutti. In prima fila la moglie Luciana con i figli Serenella, Sandra e Silvio e i nipoti Mattia, Simone, Jacopo e Francesco. E’ stato proprio uno di loro, prima di Perini, a prendere la parola in chiesa. Quindi la messa celebrata dal parroco don Nino Lucidi. Accanto all’altare, l’immancabile gonfalone dell’Anpi insieme a quelli della Provincia e del Comune di Ascoli, istituzioni che vantano il primato e l’onore di essere entrambe insignite della medaglia d’oro al valor militare per attività partigiana.

Il sindaco Castelli in raccoglimento

Sul banco accanto a quello dei familiari, il sindaco Guido Castelli, il presidente della Provincia Paolo D’Erasmo con fascia tricolore (Castelli) e azzurra (D’Erasmo) e i vice presidenti di Regione e Provincia, Anna Casini e Valentina Bellini. A rappresentare l’Anpi, oltre a Perini, i vice presidenti Rita Forlini e Filippo Cagnetti, il segretario Marco Morganti e tanti altri amici (numerosi quelli del Cai) con cui aveva condiviso decenni di battaglie e uno sviscerato amore per la montagna. Tutti, manco a dirlo, con fazzolettone tricolore d’ordinanza al collo.

 

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