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Macerie a peso d’oro nelle Marche:
paghiamo di più delle altre regioni

L'ANALISI di Giuseppe Bommarito - Nella nostra regione i costi più alti per la rimozione di quelle pubbliche (altra storia per le private), nonostante i ritardi e gli sprechi. Con i ritmi attuali indicati dal Cosmari l'operazione terminerà non prima di dicembre 2022. Palazzo Raffaello sinora ha taciuto su tutta la linea. La parola spetta alla nuova giunta che sceglierà Francesco Acquaroli
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Rimozione delle macerie a Piobbico (Sarnano)

 

di Giuseppe Bommarito

Se è vero che Giovanni Legnini, dal febbraio 2020 commissario straordinario del governo nelle quattro regioni interessate dal sisma del 2016, deve in primo luogo coordinare, d’intesa con la protezione civile, gli interventi finalizzati al superamento dello stato di emergenza, molto dovrà impegnarsi per sbrogliare e correggere il ginepraio della rimozione delle macerie, che è ovviamente alla base di ogni successivo intervento di ricostruzione e riparazione.

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

Urge innanzitutto, per quanto concerne le Marche, stabilire con esattezza la quantità delle macerie pubbliche da rimuovere, in quanto, mentre la Cosmari srl, concessionario per la rimozione per le province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno, dichiara in atti ufficiali che esse ammontano a 130.000 tonnellate, il piano operativo regionale, aggiornato nei mesi scorsi dalla Regione Marche a seguito delle indicazioni dei singoli comuni, quantifica invece – come si è già visto in un precedente articolo (leggi qui) – il residuo macerie in circa 400.000 tonnellate da rimuovere entro la fine del corrente anno.

Nessuno a Palazzo Raffaello, sede in Ancona della giunta regionale, nelle scorse settimane pre elettorali è intervenuto per richiamare con forza la Cosmari srl al rispetto della concessione e per sanare questa palese contraddizione, gravida di pesantissime conseguenze per i terremotati, in quanto, se sono veri i dati forniti dai comuni (e non c’è motivo di dubitarne, visto che provengono direttamente dai territori martoriati), con i tempi lentissimi di rimozione che sta evidenziando il concessionario Cosmari (i dati ufficiali parlano di una media giornaliera di 536 tonnellate, a fronte delle 1.250 tonnellate previste dal piano operativo regionale), la rimozione delle 400.000 tonnellate residue di macerie, anziché terminare a febbraio-marzo 2021, si trascinerà quanto meno sino alla fine del 2022, con conseguenze facilmente immaginabili di ulteriore desertificazione delle zone colpite dal sisma.

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Giovanni Legnini in visita a Caldarola

Ma per il commissario straordinario Legnini (in attesa che la Regione si doti di una nuova giunta e faccia capire sin da subito se intende o meno procedere nella prassi sin qui seguita di sostanziale disinteresse e di copertura degli inaccettabili ritardi del concessionario Cosmari) non c’è solo un problema di quantità residua delle macerie e della conseguente tempistica per la rimozione. Ci sono pure la grana, necessariamente anch’essa da spiegare con precisione alle popolazioni interessate, dei costi di rimozione diversi da regione a regione (con la nostra regione di gran lunga in testa alla graduatoria) e, per quanto concerne le Marche, il pasticcio dell’enorme divario dei costi di rimozione tra macerie pubbliche e macerie private.

Nelle Marche, per cominciare la disamina, la demolizione degli edifici pericolanti, attività prodromica alla rimozione delle macerie, seppure oggetto di concessione alla Cosmari srl (come peraltro previsto nella circolare 7 settembre 2017 del Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli), viene invece effettuata a cura dei singoli comuni ed appaltata a soggetti terzi, con un costo di circa 20 euro a metro cubo, coperto da fondi anch’essi pubblici dell’Ufficio Speciale Ricostruzione Regione Marche. A ciò va aggiunto il costo specifico della rimozione delle macerie, che la Regione riconosce al concessionario Cosmari per l’importo di 50 euro a tonnellata, nella realtà da maggiorare per le spese di raccolta e smaltimento dell’amianto, il recupero di materiali tutelati ed i costi (e gli sprechi) dei vari siti di deposito temporaneo di Tolentino, Arquata del Tronto e Monteprandone, e la selezione delle stesse macerie. Ebbene, tutto ciò conduce, considerando anche la demolizione degli edifici pericolanti che comunque è pagata dalla collettività, ad un costo unitario a tonnellata che si avvicina ai 100 euro.

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Il sito di smaltimento macerie al Cosmari

Un costo spaventoso se si pensa che, nell’immediatezza del sisma (cioè in data 11 novembre 2016), la Regione Marche aveva in prima battuta (in epoca antecedente, quindi, all’entrata in campo della Picenambiente spa e della Cosmari srl) aggiudicato l’attività di rimozione macerie alla ditta HTR Bonifiche srl di Roma per l’importo di circa 65 euro/tonnellata, comprendente la rimozione delle macerie, incluse quelle contenenti amianto, i beni di tutela Mibac, le opere per la predisposizione dell’impianto per il trattamento finale delle macerie, destinate, in quella prima previsione, a rimanere nelle zone terremotate.

Spingendo lo sguardo oltre le Marche, i paragoni con i costi altrove praticati sono ancora più impietosi. In Abruzzo, ad esempio, l’intera filiera delle macerie si aggira sui 70 euro a tonnellata, mentre la Regione Lazio, utilizzando impianti mobili (inspiegabilmente del tutto snobbati nella nostra regione) che consentono notevoli risparmi riducendo lo spostamento dei materiali e i trasporti nei siti di deposito, riconosce ai soggetti appaltatori 60 euro a tonnellata, comprensivi di abbattimento se necessario, rimozione e smaltimento delle macerie. In Umbria il costo riconosciuto alla concessionaria Valle Umbra Servizi s.p.a. per l’intera filiera (abbattimento e amianto compresi) è di 66 euro/tonnellata.

Insomma, costi molto minori di quelli praticati, chissà perché, nelle Marche, i quali ultimi stridono ancora di più se raffrontati con i costi di gestione delle macerie in Emilia Romagna in occasione del sisma del 2012, che a distanza di qualche anno si sono stabilizzati a 35 euro/tonnellata circa. Inoltre, sia il Lazio che l’Abruzzo utilizzano le macerie raccolte – quelle non riutilizzabili nell’edilizia civile e stradale – per il riempimento delle cave dismesse, che nell’entroterra marchigiano abbondano e nessuno a livello istituzionale, nonostante precisi obblighi di legge, si preoccupa seriamente di farle risanare a cura e spese delle imprese cavatrici.

Il confronto con le altre regioni è quindi sconfortante. Le Marche pagano il prezzo più alto tra le regioni colpite dal sisma 2016, senza che, dopo tanta immotivata generosità fatta ovviamente con soldi pubblici, si sia riscontrata una maggiore celerità e una migliore efficienza. Al contrario, il concessionario Cosmari, al quale è stato sinora impunemente consentito di fare e disfare tutto quello che ha voluto nel totale disinteresse delle istituzioni preposte, sta marcando un ritardo enorme (presuntivamente, due anni aggiuntivi) rispetto alla data prevista per il completamento della rimozione dall’ultimo aggiornamento del piano operativo regionale, cioè la fine del 2020, da prolungare per due, tre, mesi per il blocco da lockdown nella scorsa primavera. Eppure ben altra severità venne messa in campo dalla Regione Marche allorché venne revocata a tamburo battente negli ultimi mesi del 2018 la concessione alla Picenambiente spa per le macerie riguardanti le zone dell’Ascolano e del Fermano a causa di gravi e ripetute inadempienze (inizialmente quantificate in importi milionari, e poi, alla fine del giro, definite con la ridicola cifra di cinquemila euro).

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Marco Graziano Ciurlanti

E, in ultima analisi – sia detto qui per inciso – nonostante il prezzo di favore che si è visto riconosciuto grazie ad evidenti appoggi politici a livello regionale e che sinora ha consentito (come dichiarato anche dal presidente Ciurlanti in occasione dell’ultima assemblea di approvazione del bilancio consuntivo 2019) di mettere una pezza, con palese distorsione contabile, ai buchi del bilancio ordinario dell’ente consortile, il concessionario Cosmari srl, gestito non come un’azienda ma come un carrozzone vecchio stampo e in mancanza di efficaci controlli sia interni che esterni, sta rischiando veramente grosso con le macerie, a seguito di sprechi notevolissimi e di evidenti carenze gestionali riguardanti soprattutto le zone del sud delle Marche.

Ma ancora più sconfortante è il raffronto tra il costo della rimozione delle macerie pubbliche, che, appunto, nelle Marche, raggiunge quasi 100 euro a tonnellata, e quanto viene invece riconosciuto ai privati (che ci rientrano tranquillamente) per la demolizione, il caricamento e il trasporto in discarica, pari secondo il prezzario del cratere a circa 16 euro a metro cubo, e quindi a 10 euro a tonnellata, più qualche spicciolo per l’ultima fase, quella del trasporto in discarica.

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Francesco Acquaroli

Insomma, in tutto ciò c’è qualcosa che con tutta evidenza non quadra e non porta a risolvere i problemi. Allo stato emerge solo un balletto incomprensibile di cifre e di date tra di loro palesemente contrastanti che non può certo tranquillizzare gli abitanti delle zone del cratere, nonché sprechi e ritardi a carico della collettività, giocati come sempre sulla pelle dei terremotati. Si attendono quindi, in tempi brevissimi, parole di definitiva chiarezza e interventi risolutivi sia da parte del commissario straordinario che da parte della Regione Marche nel nuovo esecutivo a guida Acquaroli.

 



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