1964: Andrea Polli su Fiat 500
di Giorgio Tabani
«La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo», scriveva Milan Kundera. L’essere umano, ricorda il professor Domenico De Masi, è tra i più lenti esseri viventi che esistano in natura. Il perseguimento della velocità non è un elemento naturalmente insito nell’uomo: a lungo l’obiettivo dell’innovazione tecnica è stato semplicemente il risparmio di energia e fatica fisica. Dal XII sec. la velocità inizia ad assumere un ruolo sempre più importante. Essa diventa un mito tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900: la velocità è il vero e proprio mito della società industriale. Le persone, abituate ad andare velocissime durante il lavoro, quando escono dalla fabbrica, continuano ad andare in fretta: ormai la velocità si è impossessata di loro.
Il “Manifesto” di Filippo Tommaso Marinetti, atto fondativo di un importante movimento culturale italiano e poi europeo, il Futurismo, recita: «Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo […] un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia».
Quando iniziano a diffondersi le prime auto e a sorgere le prime industrie, l’Italia era molto indietro. Il Paese ha un’industria fragile, soprattutto al sud, e una capacità di consumo molto bassa. Tra il 1894 e il 1918 sono attivi in Italia 39 costruttori di auto. Fra loro ce ne sono sei che segneranno l’industria e la storia automobilistica italiana e internazionale. I modelli che sfornano sono costruiti a mano da meccanici, a metà fra artigiani e artisti. Si va a farsi costruire un’auto come si va dal sarto: un servizio costoso, riservato all’aristocrazia. Negli anni ‘20, l’automobile assume un’importanza sempre maggiore così come il mito della velocità. Il 60% della produzione italiana viene esportato, ma la concorrenza straniera si fa sentire.
Le nuove rombanti auto richiedono la costruzione di nuove strade e – in Italia – viene inaugurata la Milano-Laghi, prima autostrada del mondo. È l’inizio di un’epoca che trova nell’automobile uno dei suoi simboli principali e i giornali chiedono a gran voce una vettura per tutti. Nel 1940, all’inizio della guerra, sono 290.225. In Italia esistono 479 km di autostrade, 20.324 di statali, 42.213 di provinciali e 110.280 di comunali. Dagli anni ’50, con la diffusione di benessere per larghi strati della società, le famiglie possono finalmente permettersi un’utilitaria come la Fiat 500 o 600.
Nel 1895 viene disputata la prima corsa automobilistica della storia, la Parigi-Bordeaux-Parigi. Nel secondo decennio del Novecento le corse passano dai tracciati ricavati da strade cittadine, oppure di campagna, agli autodromi, che sono più sicuri per i piloti e per il pubblico. Nel decennio successivo alla fine della Seconda guerra mondiale, i costruttori di automobili iniziano a intravedere nelle corse una parte integrante delle proprie strategie industriali: campo di prova e di sperimentazione delle macchine di serie oltre che ineguagliabile strumento pubblicitario.
1962: Piero Radiconcini su Alfa Romeo Giulietta 1300
1962: Gastone Petrini su Lancia Appia Sport GT
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