L’ospedale “Mazzoni” di Ascoli e, nel riquadro, il dottor Giuseppe Fioravanti
di Maria Nerina Galiè
Tra le prestazioni sanitarie che non possono attendere la fine della pandemia da Coronavirus c’è l’emodialisi che, nell’Area Vasta 5, interessa 90 pazienti nel Distretto di Ascoli e 85 in quello di San Benedetto.
Ciascuno di loro deve sottoporsi a tre sedute settimanali di 4 ore ciascuna, a giorni alterni.
Proprio per questo, nel momento in cui è stato necessario trasformare il “Madonna del Soccorso”di San Benedetto in ospedale Covid, non è stato possibile portare tutto il servizio al “Mazzoni” di Ascoli, come è stato fatto per altri reparti.
Il dottor Claudio Quirino Damiani
«A San Benedetto è stato comunque garantito un percorso separato e pulito per i dializzati no Covid», ha precisato il primario del reparto Nefrologia dell’Area Vasta 5, Giuseppe Fioravanti, facente funzione dal pensionamento del dottor Claudio Quirino Damiani, avvenuto lo scorso anno.
«Non solo i due ospedali piceni hanno mantenuto i posti letto dedicati – ha spiegato il dottor Fioravanti – 30 per Ascoli e 25 per San Benedetto. Ma l’eventualità, che un paziente sospetto o positivo possa aver bisogno del trattamento, ha imposto la predisposizione di una stanza per “casi sospetti” nel capoluogo, per “sospetti” o confermati in Riviera, la cosiddetta area contumaciale».
Cosa prevede il protocollo per le dialisi nei due ospedali?
«Ci siamo attenuti ai percorsi condivisi con tutte le altre unità operative di dialisi delle Marche, seguendo le linee guida della Società Italiana di Nefrologia e le direttive regionali. Da subito è stato adottato l’uso delle mascherine per i pazienti e per il personale. E’ stato inoltre organizzato un pre-triage telefonico domiciliare e un triage all’arrivo in dialisi per valutare le condizioni del paziente».
Se un paziente con febbre o tosse deve fare la dialisi, cosa cosa accade?
«La conferma si può avere solo con il tampone ed ha bisogno dei suoi tempi. Se la seduta può essere rinviata, si aspetta l’esito dell’esame. Diversamente, il paziente viene collocato nella stanza contumaciale e sottoposto a trattamento. Ad Ascoli c’è un posto letto, a San Benedetto 4 perchè lì è previsto di dializzare i confermati positivi al tampone. A tutti i pazienti è stato dato un foglio informativo, invitandoli a non stazionare nella sala d’attesa».
Con l’ampliamento degli spazi, è aumentato anche il lavoro, quindi.
«Per far fronte a questo periodo di emergenza tutto il personale ha incrementato la propria attività anche con l’istituzione della doppia reperibilità degli infermieri. Siamo oltretutto sotto organico come medici. Dovremmo essere 13, invece siamo 10 tra Ascoli e San Benedetto. ».
Quanti casi positivi avete avuto?
«Due. Il primo, confermato, è stato trattato al “Mazzoni” nella stanza separata e con percorso esterno, perchè ancora il “Madonna del Soccorso” non era ospedale Covid e non era pronto il reparto di Civitanova. Era l’8 marzo. Ha fatto due trattamenti poi è stato trasferito a Civitanova, dove poi è purtroppo è deceduto».
L’altro è stato più recente ed è stato pertanto ricoverato al “Madonna del Soccorso”, già ospedale Covid. Lo abbiamo tenuto per una decina di giorni per precauzione. Ora è a casa, guarito dal Coronavirus».
Ci sono stati casi sospetti?
«Si, 6 o 7 ad Ascoli e 3 o 4 a San Benedetto. Tutti negativi. Ma l’attenzione è sempre altissima. Basta pochissimo per far scattare tutte le procedure anti Covid.
Pochi giorni fa al “Mazzoni” un paziente, che non aveva le caratteristiche per essere sospetto al Coranavirus, doveva essere ricoverato. In questi casi è d’obbligo il tampone. Negativo.
La Tac a cui è stato sottoposto, alla spalla, per indagare sul problema che aveva, ha evidenziato infiltrati infiammatori dubbi. Ho subito chiesto un consulto al primario di pneumologia, Vittorio D’Emilio che in questo periodo di trova a San Benedetto (segue la semintensiva per Covid nella Cardiopneumologia insieme con il dottor Vito Parato, ndr)
Vista la delicatezza del momento e del caso D’Emilio ha consigliato un lavaggio bronchiale per dissipare ogni dubbio, da fare a San Benedetto. Prima però il paziente doveva fare la dialisi.
Immediatamente l’ho fatto spostare dalla stanza comune a quella contumaciale. Il Bal fatto in serata ha dato esito negativo».
Nel reparto Nefrologia del “Mazzoni” com’è la situazione?
«Come in tutti i reparti, anche lì nella fase clou dell’emergenza c’è stata una lieve contrazione dei ricoveri. Abbiamo cercato di far stare a casa i pazienti, nei limiti del possibile. Ce n’erano 10, 12 in reaprto. Già si sta registrando un lieve aumento e siamo a 15».
Per quanto riguarda invece l’attività ambulatoriale?
«Sono state garantite le prestazioni urgenti e brevi. Poi ci sono le prese in carico che abbiamo gestito via telefono, con specifiche e costanti interviste.
E’ stato così per i trapiantati di rene, ce ne sono 60 ad Ascoli e 50 a San Benedetto: dobbiamo aspettare giugno per rivederli. Più i peritoneo dializzati che fanno la terapia a casa. Ai pre dializzati, che hanno bisogno di controlli ravvicinati, abbiamo fatto fare i prelievi a domicilio.
Da questa settimana, gradualmente, ricominceremo le visite per questi pazienti».
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