di Andrea Ferretti
Se non avesse fatto il notaio sarebbe stato un grande dirigente di calcio a livello nazionale. Ruolo che ha peraltro ricoperto, anche se non a tempo pieno vista la sua professione, in uno dei momenti più difficili della storia dell’Ascoli, sicuramente il più triste. Fu quando prese le redini della società, dopo la morte di Costantino Rozzi, primo presidente dell’era post Presidentissimo, dal 1995 al 1999. Quattro lunghi e difficili anni che videro il club bianconero ripartire dalla Serie C, a fatica risorto dalle ceneri della retrocessione in B, con un pugno di giocatori e un mucchio (diversi miliardi delle vecchie lire) di debiti. Al timone dell’Ascoli Calcio ha quindi ricoperto un incarico di prestigio, un bel traguardo per chi era stato sempre grande tifoso del Picchio e continua ad esserlo dopo aver trasmesso la passione ai suoi due figli Edoardo e Stefano.
Segue l’Ascoli da sempre, al “Del Duca” marca sempre il cartellino, prima del covid spesso c’era anche nelle trasferte. Costretto ad un posto in tribuna, probabilmente vorrebbe seguire la partita tra gli ultras della curva a gridare e far cori. Ma Nazzareno Cappelli è innanzi tutto un notaio, personaggio che ha segnato la vita politica, sociale e sportiva di Ascoli a cavallo dei due millenni, professionista stimato e apprezzato ben oltre le mura cittadine. Ecco allora che deve accontentarsi di quel seggiolino in tribuna, salvo poi essere molto ricercato dai media per i suoi giudizi e i suoi approfondimenti calcistici, mai banali, sempre mirati e lungimiranti.
Ad Ascoli fu l’ultimo sindaco democristiano, a Palazzo Arengo nel 1994 e 1995 dopo che era stato per anni assessore al bilancio e, prima ancora, eletto in Consiglio nel 1971 a soli 24 anni (oggi ne ha 74), poi ancora nel 1981, 1990 e 1995.
A poche ore dai saluti al 2021, è proprio con il notaio Nazzareno Cappelli che facciamo il punto della situazione sull’Ascoli Calcio. Per uno che mastica calcio e che è stato assessore al bilancio, non è complicato stilare un bilancio sugli ultimi dodici mesi bianconeri?
«E’ stato un 2021 esaltante – dice Cappelli – con la salvezza conquistata alla fine del passato campionato che definirei entusiasmante. Mi ha davvero riconciliato con il calcio».
Un anno, il 2021, vissuto su due mezzi campionati: il primo con la salvezza agguantata e il mantenimento della Serie B, il secondo con risultati che, a parte qualche scivolone, vede l’Ascoli giocarsi una casella nella griglia playoff fino allo stop della regular season.
«Con Sottil nel girone di ritorno abbiamo conquistato vittorie incredibili, emozionanti e la salvezza, che ad un certo punto sembrava impossibile, è stato il giusto premio – aggiunge – poi quest’anno siamo partiti alla grande e stiamo lì. Per ora va bene così, anche se ovviamente si può e si deve fare di più».
Fa poi un parallelo con l’Ascoli dei Record, quello che nel 1977-1978 lasciò tutta l’Italia calcistica a bocca aperta conquistando la Serie A con Mimmo Renna in panchina e 61 punti in classifica quando ancora la vittoria valeva due punti. «Ricordo che Rozzi durante l’estate ’77, quando c’era il calciomercato, parlava di una tranquilla salvezza come obiettivo, poi accadde quello che tutti sappiamo».
Calcio & business. Pallone e soldi. Binomi imprescindibili. «Oggi, ancor più di prima, per un club è fondamentale la situazione e la solidità economica per restare a certi livelli. L’Ascoli è un’eccezione quasi unica anche se in molti non se ne rendono conto. Pensiamo a squadre di città come Pesaro e Ancona, per restare nelle Marche, o Pescara. Sono tutte in C, qualcuna anche a fatica. Ecco perché la Serie B è un campionato da mantenere con le unghie e i denti».
Le due ultime sconfitte hanno però un po’ fatto indietreggiare la lancetta sul quadrante dell’entusiasmo. «Ci può stare – dice il notaio – ma l’importante è stare lì. Almeno per ora, nessuno davanti è scappato via, e sotto c’è un buon margine».
A questa squadra servirà però qualcosa anche se finora è tra le migliori in trasferta. «Da ragazzo ho giocato al calcio (nel Montedinove, ndr), poi sono stato presidente, vado allo stadio da sessant’anni e due cose le ho ben chiare: si gioca per fare gol e gli episodi contano tantissimo. All’Ascoli attuale manca un attaccante che, al di là di quelli che ci sono, assicura quei dieci, dodici gol, magari tutti su azione. Dionisi non si tocca, per carità, ha segnato sette gol, peraltro pesanti, di cui tre su rigore. Sabiri va a sprazzi e ne ha segnati tre di cui uno su rigore. Tre gol li ha fatti anche Bidaoui. Sono loro i giocatori in grado di inventare qualcosa e segnare. Ma non basta. Iliev? Lo sto aspettando, ma è meglio che non azzardo giudizi perché quando vidi Bierhoff, il primo anno con nell’Ascoli, non lo giudicai capace più di tanto, poi sono stato felicissimo di essere stato smentito con i fatti vista la sua carriera e i suoi gol in Italia e con la Nazionale tedesca. Un po’ quello che è accaduto all’inizio dello scorso campionato, con Bajic che poi è stato determinante per la salvezza. In poche parole gli attaccanti si dividono in due categorie: quelli che segnano e quelli che non segnano. E secondo me questo Ascoli ha bisogno di un altro attaccante, meglio due».
Nonostante i 14 gol messi a segno da Dionisi (7), Sabiri (3), Bidaoui (3) e Iliev (1), è evidente che qualcosa là davanti non va. Ma qualcosa che funziona ovviamente c’è. «Mi piacciono molto i due centrali difensivi Botteghin e Avlonitis». La partita peggiore di questo girone di andata? «Senza dubbio la sconfitta in casa con la Spal». Le squadre migliori? «Brescia, Benevento e Lecce, e ci metto pure il Pisa del quale non… me ne ero accorto». L’ultimo 1-4 con la Cremonese è stato però un ko pesante. «Sull’1-2 si poteva recuperare e credo che l’espulsione di Botteghin abbia inciso in maniera determinante. La decisione esagerata dell’arbitro ha cambiato la partita. Il resto l’hanno fatto gli episodi, come sempre».
Nazzareno Cappelli tifa Ascoli, ma anche il Milan. Da buon sportivo, e intenditore di calcio, però dice «scudetto all’Inter, nettamente la più forte di tutti».
A uno che è stato sindaco è impensabile non chiedere cosa pensa della candidatura di Ascoli a “Capitale italiana della cultura 2024”. «Concorrono in 23, per cui abbiamo i 4% di possibilità di farcela – dice – e non sarà facile perché in queste situazioni entrano in ballo anche questioni politiche. Temo molto la concorrenza di Pesaro e Vicenza – conclude – ma una cosa è certa: Ascoli ha presentato senza alcun dubbio uno dei migliori progetti in assoluto e per questo dobbiamo tifare tutti Ascoli». Parola di uno che di tifo se ne intende.
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