di Renato Pierantozzi
No alla smaterializzazione “totale” dell’intero rito penale (processo e aula giudiziaria). Via libera, invece, anche a “pochi processi” in condizioni di sicurezza implementando l’utilizzo ad esempio delle comunicazioni a mezzo pec. Sono le richieste dei penalisti ascolani, rappresentati dalla Camera Penale “Ugo Palermi” presieduta da Mauro Gionni.
L’avvocato Mauro Gionni
«Vogliamo tornare a lavorare – dice Gionni – in sicurezza, magari senza la presenza di detenuti o testi. Ma, mi chiedo, perché non è possibile fare un’arringa o una prima udienza? La giustizia, al pari di altri settori, è un servizio fondamentale per i cittadini. E’ anche una questione di sopravvivenza per tanti colleghi». A livello nazionale, proprio domani, giovedì 16 aprile, è previsto un incontro a Roma tra il ministro Bonafede e le rappresentanze di magistrati, avvocati e penalisti. Proprio quest’ultimi sono sul piede di guerra.
«Ora il Governo -accusano- senza alcun effettivo presupposto di urgenza ed in singolare, incongrua e perciò sospetta controtendenza rispetto alla evoluzione del fenomeno epidemico, si propone (con la introduzione dei commi 12 bis, ter e quater dell’articolo 83 del decreto legge 18 del 2020) di attribuire ai giudici, senza nemmeno il previo consenso del difensore, la possibilità di organizzare la celebrazione dei processi da remoto, addirittura indifferentemente con imputati detenuti e liberi, ipotesi non immaginata nemmeno nella prima e più grave fase di diffusione del contagio. Più in particolare – concludono – si tratta di una completa smaterializzazione dell’intero rito penale, dagli atti delle indagini preliminari e per tutto il processo, con il dislocamento fisico e conseguente collegamento video da sito imprecisato del giudice e delle parti, con addirittura un vulnus alla segretezza della decisione in camera di consiglio, individualmente delocalizzata per ogni giudicante».
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