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Vaccini a domicilio dal 15 marzo
Paolini: «Siamo pronti»
«Ma ancora ancora aspetti da chiarire»

EMERGENZA CORONAVIRUS - Il professionista di Arquata mette in evidenza criticità che dovranno essere risolte per un servizio ottimale alla popolazione. Per ora solo over 80. Ma nell'accordo prevista la possibilità anche per somministrare il farmaco a cittadini di età compresa tra 60 e 79 anni
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di Maria Nerina Galiè

«Finiamola di dire che i vaccini non servono» aveva detto Italo Paolini, medico di famiglia di Arquata e veterano – quanto ad esperienza – della categoria. Era il 1° marzo del 2020 e già si era capito che l’unica strada per uscire dalla pandemia da Coronavirus nella quale non eravamo ancora entrati era quella (leggi qui).

Profetiche le parole del professionista che oggi, insieme ai colleghi marchigiani, è pronto a rimboccarsi le maniche per somministrare il prezioso farmaco agli ultraottantenni che non possono deambulare raggiungere i punti vaccino.

E’ di venerdì 5 marzo l’accordo tra i medici di medicina generale e la Regione Marche (leggi qui) che ha recepito l’intesa nazionale del 21 febbraio. Le modalità operative, molte delle quali ancora da chiarire, saranno oggetto di riunioni con la direzione di Area Vasta 5. La valutazione verrà fatta tra coordinatori di equipe territoriale e direzione distrettuale.

Una la certezza, di fronte alla quale il medico di Arquata non si tira indietro: «Si parte il 15 marzo. Faremo la vaccinazione a domicilio agli over 80. Non si ancora bene come, ma lo faremo», afferma per aggiungere con una malcelata vena polemica: «Siamo stati coinvolti tardi e male nella campagna vaccinale.

Ritengo che sia stato poco utile investire tanto tempo e soldi per lo screening di massa che ha valore solo nel momento in cui lo si è fa. Già il giorno dopo non ha più valore.

Era decisamente meglio dirottare le risorse per organizzarsi meglio con i vaccini. Il vaccino cambia la vita delle persone».

Alcuni hanno già prenotato, altri lo stanno facendo.  Gli elenchi saranno inviati ai medici “che aderiscono” si legge nell’accordo.

«Io ritengo che sia un obbligo da parte nostra vaccinare la popolazione, non una scelta».

Il dottor Italo Paolini mentre si sottopone alla vaccinazione

Due criticità evidenziate dal medico di famiglia e che si dovranno superare per avviare il servizio in maniera ottimale.

La prima.

«Ai medici di famiglia in questa fase sarà affidato il farmaco Moderna o Pfizer (il secondo, che va diluito e preparato seduta stante, dipende da una delle soluzioni ai problemi). I falconi di Moderna contengono 11 dosi da utilizzare entro 6 ore dalla preparazione delle siringhe. Stesso tempo per Pfizer che viene diluito in 6 dosi.

Se però io ho 8 o 5 pazienti da vaccinare nel giorno stabilito, butto le rimanenze? No.

Si sta quindi valutando  con la direzione del Distretto Sanitario la possibilità di individuare punti di preparazione o farmacie sul territorio per più medici che possano raggiungere, nell’arco delle 6 ore, un numero di utenti uguale o multiplo delle dosi preparate.

Affinché non si sprechi nulla».

Questo implica però un’organizzazione di più professionisti che devono incastrare la somministrazione del vaccino con la normale attività ambulatoriale. E qui s’innesta la seconda criticità pure da risolvere in ambito distrettuale.

«Al di là del compenso, che non commento e nemmeno mi interessa. Recarsi a casa del paziente e aspettare 15 minuti vuol dire lasciare scoperto l’ambulatorio e privare del servizio ad altri assistiti.

Io voglio fare il mio lavoro. E farlo bene per tutti».

L’accordo prevede un compenso di 18 euro per ogni ciclo vaccinare (cioè la somministrazione della prima dose e del richiamo) compresa la doppia “trasferta”. Il vaccino a questa categoria va fatta a domicilio. Il medico quindi ci deve andare, attendere i 15 minuti minimo che non insorgano reazioni, e per due volte.

Nel compito del medico somministrante il vaccino rientra anche la registrazione sul portale di Poste Italiane, prima e dopo l’esecuzione.

Salvo che non debba anche chiamare l’utente per accordarsi sul giorno e ora dell’appuntamento.

«»Anche questo aspetto ancora è un’incognita. Gli utenti sanno che saranno chiamati per l’appuntamento. Ma non si sa se lo farà l’operatore dell’Area Vasta 5 oppure il medico che in questo modo potrebbe più facilmente raggruppare i suoi pazienti per multipli di 6 o 11 e non rischiare di buttare via dosi.

La svolta potrebbe essere la possibilità, per il medico di famiglia, di vaccinare in ambulatorio i suoi assistiti, allargando così la platea agli over 60.

«Non ci sono ancora indicazioni in tal senso – conclude il dottor Paolini – dovremo utilizzare l’Astra Zeneca in ambulatorio. Ma c’è da capire come vaccinare i pazienti che presentano uno o più fattori di vulnerabilità e con quale vaccino per le diverse fasce di età».

Ecco cosa dice in merito l’accordo, che per ora – come specificato nel documento – riguarda gli over 80 che non possono raggiungere i punti vaccino:

“A seguire, su richiesta e disponibilità di vaccini e senza ricadute sull’organizzazione regionale,
potranno essere intercettate le seguenti categorie:
– le persone di età compresa tra 75 e 79 anni;
– le persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni;
– le persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni che aumentano il rischio
clinico;
– le persone di età compresa tra i 18 e 54 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico.

A seguire, su richiesta e disponibilità di vaccini e senza ricadute sull’organizzazione regionale,
potranno essere intercettate le seguenti categorie:
– le persone di età compresa tra 75 e 79 anni;
– le persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni;
– le persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni che aumentano il rischio
clinico;
– le persone di età compresa tra i 18 e 54 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico”.

 



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