di Luca Capponi e Martina Fabiani
Dopo i film ecco le serie tv (clicca per l’articolo). Ne abbiamo scelte sei per l’esattezza. Senza tema, stavolta. Tre grandi “classici” e tre sorprese più recenti. Buona lettura. Anzi, buona visione. Tempo, al tempo dell’isolamento, ce n’è in abbondanza.
I segreti di Twin Peaks (1990) di David Lynch – 2 stagioni
Eccolo, il big bang della serialità televisiva. La serie, e che serie, di quando ancora non esistevano le serie. Lo spartiacque. Il cinema che per la prima volta “migra” verso il piccolo schermo. E lo fa attraverso uno dei suoi geni, uno abituato a scompaginare. David Lynch. Dopo, nulla è stato più come prima. Prodotto artistico epocale. Mistero, noir, ironia, giallo. Personaggi indimenticabili come l’agente Dale Cooper, scene e situazioni che restano impresse nella memoria. In quell’epoca scevra da Internet, tutto il mondo si chiedeva: “Chi ha ucciso Laura Palmer?“. Potere di un capolavoro. Prima stagione il culmine, la seconda, per diversi motivi, in calo. Anche se dal terrificante finale. Poi il ritorno 25 anni dopo, con un sequel-terza stagione. Ma questa è un altra storia.
X-Files (1993) di Chris Carter – 11 stagioni
Passano un paio d’anni ed ecco un altro momento che fa storia. Irrompono sugli schermi gli agenti dell’Fbi Fox Mulder e Dana Scully. Colui che crede e la scettica. L’uomo che lancia matite al soffitto e il medico razionale. Alieni, complotti, paranormale, cospirazioni. Fantascienza e orrore. Mutazioni genetiche e creature misteriose. Hacker e corruzione. Gole profonde e rapimenti. Ce n’è per tutti. Dagli amanti dei film di genere in su. Episodi autoconclusivi e una storia principale che procede parallela. Per la prima volta insieme. La domenica sera degli italiani diventa col brivido, per una delle serie più longeve della storia. Anche qui, dopo la cancellazione, il ritorno nel 2016. In mezzo, due film usciti al cinema. “La verità è la fuori“. Mai dimenticarlo.
True Detective (2014) di Nic Pizzolatto – 3 stagioni
Forse la prima vera opera d’arte di taglio interamente cinematografico trasferita in tv. Un pezzo di bravura che deflagra con un debutto da applausi. Piani sequenza, fotografia, musiche, location: tutto torna e colpisce. Per non parlare dei due protagonisti, Matthew McConaughey e Woody Harrelson in stato di grazia. Tra le melme della Louisiana, alla ricerca di un serial killer, nel tempo e nello spazio dell’anima fangosa, tra le pieghe del male, tra la sporcizia di esistenze di confine. Un super film da 8 ore. Seconda stagione con altri personaggi (ci sono Colin Farrell e Vince Vaughn) e altra storia, meno lucente. La terza decolla di nuovo con Mahershala Ali e Stephen Dorff, alla ricerca (anche) di loro stessi. Ma forse il livello dell’esordio resta inarrivabile.
Sex Education (2019) di Kate Herron e Ben Taylor – 2 stagioni
Probabilmente molti di voi l’avranno già vista. In caso contrario Sex Education è la serie tv ideale per chi ha voglia di un prodotto leggero, ma non scontato. Ci sono tutti i motivi del teen drama, i riferimenti alle differenze sociali, sessuali ed etniche e i turbamenti interiori, elementi che si sviluppano attorno ad un unico
leitmotiv: il sesso. Pensate a quante domande ci siamo fatti sul sesso da adolescenti, a quante volte – timidamente – abbiamo provato a confrontarci sull’argomento con i nostri coetanei e a quante volte, invece, abbiamo sfuggito l’argomento con i genitori. E tutti, almeno una volta, nel sesso siamo stati goffi, impauriti, curiosi, disinibiti, appagati o felici: questo a prescindere da qualsiasi differenza. Confrontarci con la sessualità significa confrontarci in primis con noi stessi e le nostre emozioni, ma anche con le nostre insicurezze e poi metterle in relazione con quelle degli altri. Sex Education tratta questi temi senza alcuna volgarità, ma con umanità ed ironia e ci farà ridere. E noi in questo momento abbiamo un estremo bisogno di ridere.
The Handmaid’s Tale (2017) di Bruce Miller – 3 stagioni
Si potrebbe parlare all’infinito di The Handmaid’s Tale. Ma preparatevi perché sconvolge e fa male. Un thriller distopico, ambientato in un futuro non troppo lontano e in quella porzione di terra una volta conosciuta come Stati Uniti d’America. Un nuovo regime, nuove classi sociali, nuove imposizioni che vedono le donne private di ogni libertà ed identità. A Gilead non è importante chi sei, ma che ruolo hai: ad ogni ruolo corrisponde un abito, e un colore. Ci sono le Ancelle, le Mogli, le Marta, le Zie, gli Occhi.
Tutto è costruito attorno al delicato tema della fertilità e, come in una catena di montaggio, ogni ingranaggio della società deve contribuire affinché un unico grande scopo sia realizzato: aumentare il tasso di fertilità umana. In che modo? In modo disumano.
E cos’è che fa male oltre alle atrocità che si compiono a Gilead? Il ricordo di chi si era prima di Gilead, di là nell’altra porzione di terra ancora non assoggettata al nuovo regime, di là dove molti hanno lasciato il proprio compagno, la propria famiglia e la propria felicità. Ma, nonostante la brutalità con la quale il concepimento venga ritratto, c’è qualcosa che emerge sopra ogni altra in The Handmaid’s Tale ed è l’amore incondizionato di un genitore verso il proprio figlio.
Sharp Objects (2018), creata da Marti Noxon e diretta da Jean-Marc Vallée – 1 stagione
Poco conosciuta, breve e con un’affascinante architettura, Sharp Objects è una chicca da recuperare per gli amanti dei thriller psicologici e delle serie che lasciano il segno. Di segni la protagonista Camille Preaker ne ha davvero tanti, e molti sono scalfiti sulla sua pelle. Pelle chiara, nascosta da vestiti scuri e che non lasciano mai intravedere cosa ci sia sotto, sguardo perlopiù assente e incubi che non lasciano scampo: è questo il ritratto della giovane Camille, una reporter alcolizzata dal passato travagliato e con il quale – inevitabilmente – dovrà tornare a fare i conti una volta costretta a recarsi a Wind Gap, il proprio paese natale. Lì Camille ritrova tutto quello che c’era prima, gli stessi motivi per cui se n’era andata: i moralismi e le ipocrisie nascosti sotto sorrisi di circostanza e cortesia di facciata.
Le dinamiche claustrofobiche che riecheggiano i fantasmi del passato trasportano lo spettatore all’interno dello schermo anche grazie ad un ritmo sincopato e ad un montaggio che gioca con flashback e Reaction Shots. Andiamo dove va Camille, osserviamo ciò che lei osserva, sentiamo ciò che lei sente.
“Restate a casa”, riscoprite il cinema: ecco 10 film da (ri)amare
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati