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Omicidio di Pamela, ergastolo confermato per Oseghale

DALLE MARCHE - Sentenza oggi della Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso dei difensori del 35enne accusato di aver ucciso la ragazza a Macerata nel gennaio del 2018. I legali sostenevano non si potesse contestare la violenza sessuale: «Siamo delusi, la vicenda processuale finisce qui»
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Innocent Oseghale dopo un’udienza al Tribunale di Macerata

di Gianluca Ginella

 

Omicidio di Pamela Mastropietro, la Cassazione bis respinge il ricorso sulla questione della violenza sessuale: confermato dunque l’ergastolo Innocent Oseghale.

 

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Pamela Mastropietro

Il ricorso, respinto dalla Cassazione, era stato presentato dai legali del 35enne nigeriano, condannato all’ergastolo per il delitto della 18enne romana (avvenuto il 30 gennaio 2018). Alla sentenza si è arrivati dopo un precedente rinvio della Corte di Cassazione alla Corte d’Appello di Perugia per valutare se ci fosse stata o meno la violenza sessuale (movente del delitto).

 

Per i giudici umbri c’era e questo era valso la conferma della condanna all’ergastolo decisa prima al Tribunale di Macerata poi alla Corte d’Appello di Ancona. Se non ci sono dubbi che ad avere ucciso sia stato Oseghale, i difensori del nigeriano, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, sostenevano che non ci fosse stata la violenza sessuale. Hanno presentato un ricorso in cui parlano di una «assoluta illogicità» e di «contraddittorietà» della sentenza di Perugia, in particolare per il «preteso movente omicidiario, che appare una costruzione del tutto artificiosa o fantasiosa».

 

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L’avvocato Marco Valerio Verni

Oggi, martedì 23 gennaio, l’udienza davanti alla quinta sezione della Corte di Cassazione è durata circa un’ora e la procura generale ha chiesto il rigetto del ricorso e conferma dell’ergastolo. Assente all’udienza l’imputato (che si trova in carcere a Forlì). Nel pomeriggio poco dopo le 18 è arrivata la sentenza: rigettato il ricorso dei legali di Oseghale e confermato l’ergastolo.

 

«Siamo sicuramente delusi da questo esito – dice l’avvocato Matraxia – perché ritenevamo la sentenza presentasse dei vizi sotto il profilo logico e motivazionale e delle contraddizioni che non potevano essere in qualche maniera tollerate. Finisce qui la vicenda processuale».

 

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Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, legali di Oseghale

IL RICORSO – Secondo i legali del 35enne, nella sentenza della Corte d’Appello di Perugia c’era «una macchinosa e fantasiosa ricostruzione degli eventi precedenti, contestuali e successivi alla morte della giovane sulla base di congetture, mere ipotesi di dubbia efficacia e razionalità, che trovano il loro acme nella formulazione del movente, frutto di un non indifferente sforzo congetturale». E sottolineavano, nel ricorso, come nella sentenza «la deriva omicida, per la Corte, scaturisce non dal mancato consenso della ragazza ad un rapporto sessuale ma dalla pretesa dell’imputato di un rapporto sessuale non protetto e dal rifiuto ad un rapporto non protetto da parte della vittima.

 

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Alessandra Verni, la mamma di Pamela

Dunque, in poche parole, Pamela, al fine di procurarsi la sostanza, era disponibile ad intrattenere un rapporto sessuale con Oseghale purché, detto rapporto, avvenisse con l’utilizzo del profilattico di cui la giovane disponeva. Questo, in sostanza, il ragionamento della Corte – scrivevano i legali nel ricorso – che deriva non da emergenze probatorie dirette ma, di fatto, dalla seguente constatazione: gli altri uomini con cui la ragazza ha intrattenuto rapporti di natura sessuale dopo la sua fuga dalla comunità hanno sempre usato il preservativo e lo hanno fatto su richiesta della giovane».

 

Al processo per l’omicidio di Pamela sono parti civili i familiari della giovane, assistiti dall’avvocato Marco Valerio Verni (zio della 18enne), il Comune di Macerata (tutelato dal legale Carlo Buongarzone) e il proprietario della casa in cui è avvenuto il delitto, assistito dall’avvocato Andrea Marchiori.


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