Il Premio Osvaldo Licini by Fainplat annuncia il terzo capitolo della rassegna dedicata al disegno come linguaggio universale e fondativo per tutte le arti. Dopo le esposizioni di Maurizio Mochetti, con le sue ricerche concettuali su luce e movimento, e di Alfredo Pirri, che ha esplorato il rapporto tra installazione, architettura e memoria, è la volta di Ugo La Pietra, artista, architetto e teorico che ha fatto del disegno uno strumento per pensare, per progettare e per osservare la realtà in modo nuovo.
Dal 20 giugno alle 18, lo Spazio Premio Licini di Ascoli ospita dunque la mostra “Il segno. Disegni 1962/2024″, dedicata a uno dei protagonisti più originali dell’arte italiana degli ultimi decenni. Curata dallo stesso Ugo La Pietra e da Alessandro Zechini, la mostra presenta oltre 30 opere su carta, una scultura in ceramica, una installazione e tre video, che raccontano il lavoro di Ugo La Pietra dal 1962 a oggi. Sarà in loco fino al 29 settembre.
La Pietra è un artista difficile da definire con una sola etichetta: ha lavorato nel mondo dell’arte, del design, dell’architettura e dell’artigianato. Il disegno è sempre stato per lui un mezzo di esplorazione critica del vivere quotidiano e del rapporto tra individuo e ambiente costruito.
Il percorso espositivo parte dai suoi primi lavori segnici degli anni Sessanta, in cui linee e segni diventano protagonisti assoluti. Si passa poi a opere come le Strutturazioni Tissurali, dove strutture geometriche ordinate vengono disturbate da elementi casuali, come se qualcosa uscisse dal controllo: un modo per farci riflettere sulla nostra tendenza a cercare ordine anche dove non c’è.
Negli anni Settanta, La Pietra si concentra sempre di più sulla città e sul modo in cui le persone vivono gli spazi pubblici. Opere come Immersioni, La città scorre ai miei piedi o Architettura monumentale mettono in discussione la nostra visione quotidiana degli spazi urbani. In questo contesto nasce anche il celebre Commutatore, una delle sue opere più importanti: un oggetto simbolico che serve a “cambiare punto di vista”, a guardare le cose con occhi nuovi.
Negli anni successivi, l’artista esplora temi come l’identità culturale, la memoria dei luoghi, il viaggio, e il rapporto con la natura. Ne sono esempio i cicli Pulizia etnica (Territori) e Itinerari, che parlano di diversità culturale e di esperienze personali attraverso il paesaggio. Nella serie Covid 2020 troviamo invece due opere intense, nate durante la pandemia, in cui La Pietra rappresenta la tensione e la paura vissute nel periodo della “zona rossa”.
Chiude la mostra un gruppo di opere recenti che uniscono architettura e natura, come i disegni dei Gazebi: piccole strutture pensate per essere inserite nei parchi o negli spazi urbani come luoghi di pausa, ascolto, gioco o meditazione. In questa stessa visione si inserisce anche la scultura in ceramica Casetta Interno/Esterno, dove si mescolano simbolicamente spazio privato e spazio pubblico.
Tre video completano il percorso: Riappropriazione della città, che mostra azioni artistiche nello spazio urbano; Immersioni, un esperimento sulla percezione dello spazio; e La Casa Telematica, un progetto futuristico del 1972 che immagina una casa intelligente, molto prima che la tecnologia diventasse parte della vita quotidiana.
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