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“Capitale italiana della Cultura”: sconfitta che fa male, ma il vero limite è la mancanza di equilibrio

ASCOLI - All'indomani della proclamazione di Pesaro la delusione in città è ancora forte. Scambi di accuse e chiacchiere sui social ma di costruttivo c'è ben poco. Da chi tira in ballo la politica a chi recrimina, ma sempre e comunque a cose fatte. E tutto finisce in un mesto scontro tra fazioni
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di Luca Capponi 

 

Di sicuro, sin dal primo momento, c’è stata la delusione di tutti. Ci sta, a caldo. Soprattutto perché, inutile negarlo, a vincere è stata una città marchigiana, quella Pesaro con cui mesi fa ci fu anche un po’ di polemica (leggi qui). Sì, perché due città della stessa regione candidate a “Capitale italiana della Cultura 2024“, insomma, magari ci si poteva ragionare meglio, insieme, con qualcuno a fare da raccordo. E sarà pur vero anche altre regioni, vedi Toscana con Viareggio e Grosseto, hanno vissuto la medesima situazione, già, ma che c’entra? Le Marche sono una piccola realtà e forse la situazione, da questo punto di vista, poteva essere gestita meglio.

In alto a destra, il momento in cui Franceschini incorona Pesaro. In basso a sinistra, Piazza del Popolo d Ascoli

Per il resto, subito dopo la pronuncia del ministro Franceschini, avvenuta in diretta ieri mattina, mercoledì 16 marzo, si è assistito al solito show di basso livello. Ascoli poteva vincere sì il titolo, come d’altronde le altre pretendenti, tutte meritevoli, ma da qui al profluvio cui si è assistito, soprattutto sui social…ce ne passa.

Da una parte chi ha tirato in ballo questioni politiche e le presunte “amicizie” tra il sindaco di Pesaro Ricci e lo stesso ministro Franceschini, entrambi sponda Pd, dall’altra le opposizioni che non hanno perso tempo per attaccare il Comune e il lavoro svolto dal comitato (con tanto di dossier a loro dire “secretati”), in mezzo chi ha comparato la bellezza storico-architettonica di Ascoli con quella di Pesaro, come se fosse quello l’unico parametro su cui si basa il conferimento del fregio di “Capitale italiana della Cultura”. O chi lamenta il solito trattamento da sempre poco “comprensivo” verso le cosiddette Marche del sud e, mettiamoci pure quello, verso il cratere sismico. Il tutto, rigorosamente, sempre e comunque a scoppio ritardato, a cose fatte. Cioè lo dico, ma dopo. Oppure se lo dico prima non mi faccio sentire troppo, che non si sa mai e dopo mi devo rimangiare quello che ho detto. E ci mancherebbe.

In mezzo, decine di commenti e risposte da scuola media (spesso con “politici” e amministratori a dare avvilente spettacolo, riducendo tutto a un mesto scontro tra fazioni), rancore, caciara, pareri dati senza un minimo di riscontro e pochissimo equilibrio.

Già, l’equilibrio. Il vero grande assente dal dibattito di un intero paese, l’Italia, non poteva di certo fare la sua magica comparsa, ad Ascoli, dopo una delusione così cocente. Peccato, perché al netto di tutti i titoli raggiunti o non raggiunti, è questo forse il più grande limite di cui rammaricarsi.


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