È morta Lucilla Cancrini, figlia dell’unica discendente degli Sgariglia

ASCOLI - La scomparsa dell’ultimo rappresentante di questo ceppo blasonato non può non far ricordare il gesto compiuto dalla famiglia, quando tutti i beni immobili furono donati a favore di opere pie in grado di aiutare i bisognosi
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Lucilla Cancrini

di Filippo Ferretti

 

Una notizia che, apparentemente, oggi ad Ascoli sembra non dire molto. La morte di una nobildonna romana 64enne, scomparsa nelle ultime ore a causa di una malattia oncologica, nota nel jet set romano anche perché moglie di un importante nome della stampa nazionale. Eppure, legato al nome di Lucilla Cancrini vi è un universo che ha caratterizzato il passato, i beni, la vita del sud delle Marche.

 

Si tratta, infatti, della secondogenita della marchesa Armida Sgariglia, unica discendente della famiglia nobiliare considerata da sempre la più benestante e prestigiosa della provincia di Ascoli, al punto di aver annoverato sino alla seconda metà del ‘900 una proprietà immensa costituita da ville, palazzi, terreni pari a nessun altro. Un patrimonio che pochi decenni or sono fu donato alla città.

Villa Sgariglia quando ancora non era abbandonata

 

Lucilla Cancrini, di fatto, è stata l’ultima protagonista della casata aristocratica per eccellenza delle Cento Torri. Dopo la morte di sua madre, avvenuta nel 2011, figlia del marchese Vasco Bruno Sgariglia che morì quando lei aveva solo sette anni, cresciuta con lo zio Nicola, che divenne il suo tutore. Lei, la marchesa Armida Sgariglia, tra le prime donne a laurearsi in Agraria, che dopo essere diventata amministratrice delle proprietà fondiarie della famiglia conobbe e si unì in nozze con il famoso urologo Antonio Cancrini, che oggi avrebbe avuto più di 100 anni di età: unione dalla quale nacquero due figlie, Nicoletta, scomparsa da molti anni e, appunto, Lucilla, chiamata affettuosamente Cico dagli amici, sposata con Fabio Bogo, ex vicedirettore del quotidiano “Repubblica”.

 

La scomparsa dell’ultimo rappresentante di questo ceppo blasonato non può non far ricordare il gesto compiuto dagli Sgariglia, quando tutti i beni immobili furono donati a favore di opere pie in grado di aiutare i bisognosi. Tutto ciò sino all’83, quando tali ricchezze passarono all’Arengo: dimore, case coloniche, palazzi, terreni. Un patrimonio che vide risparmiare solo la solenne villa Sgariglia a Grottammare, che rimase sino all’ultimo luogo delle vacanze estive della famiglia. Una fortuna di cui fa parte il palazzo omonimo di Corso Mazzini, oggi  totalmente ripristinato, la villa di campagna  nella frazione Piagge e il meraviglioso complesso di Campolungo, che attende ancora un suo sacrosanto destino, dopo recenti saccheggi subiti.

 

Un capitale straordinario, che ha contribuito a creare la storia delle 100 torri, in grado di rendere unico e indimenticabile il territorio, unendo le bellezze architettoniche settecentesche con quelle immortali del paesaggio.


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