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Farmacisti “no vax”, una decina
tra Piceno e Fermano
Benigni: «Non hanno fatto tesoro
di quello che hanno studiato»

VACCINI - Parla il presidente dell'Ordine che accomuna le due province: «Con la nuova normativa, chi non è in regola deve subito lasciare il lavoro». Il professionista racconta anche dell'impegno degli appartenenti alla categoria, in prima linea nella lotta al Covid. E spiega perché i test rapidi che effettuano o vendono sono affidabili
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Ido Benigni

 

di Maria Nerina Galiè

 

Farmacisti convinti “no vax”, anche se può sembrare una contraddizione, ce ne sono circa 10 tra le province di Ascoli e Fermo, raccolti dallo stesso Ordine professionale, presieduto dal dottor Ido Benigni. «Si tratta di colleghi che purtroppo non hanno fatto tesoro di quello che hanno studiato. Ma nemmeno hanno continuato ad aggiornarsi, come siamo chiamati a fare continuamente. Adducono motivazioni non supportate da fonti scientifiche ufficiali», commenta lo stesso Benigni, senza celare una punta di amarezza.

«Proprio in funzione del mestiere che abbiamo scelto – continua – sappiamo bene che tutti i farmaci hanno delle controindicazioni, dall’aspirina ai potenti anti tumorali. Ma siamo anche consapevoli che, nella partita tra rischi e benefici, se questi ultimi prevalgono sui benefici, qualsiasi farmaco viene accantonato.

Per i vaccini è ormai inconfutabile che i benefici sono di gran lunga superiori ai rischi. Ed inoltre sono l’unica vera arma contro il Coronavirus. Ci sono ora diversi farmaci anti Covid, tra cui le pillole da somministrare a casa e che hanno numerosi vantaggi. Ma non servono a prevenire». 

In realtà sono un cinquantina, nelle due province, i farmacisti segnalati all’Ordine da quando è scattato l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari. Ma molti nel frattempo si sono messi in regola, vaccinandosi appunto.

«Di una metà, più o meno – precisa il presidente dell’Ordine – la segnalazione è arrivata dopo l’entrata in vigore dell’ultimo decreto, del 26 novembre, in ragione del quale scatta la segnalazione direttamente dalla nostra Federazione nazionale. In quel caso sono stati considerati “inadempienti” anche coloro che non hanno ancora fatto la dose booster. Magari per una dimenticanza. In ogni caso adesso, in base alle nuove regole, il professionista ha 5 giorni per dimostrare di aver prenotato l’appuntamento, oppure per esibire l’esenzione o il differimento. Altrimenti non può più lavorare, sia esso titolare di farmacia o collaboratore».

Prima era diverso, all’Ordine veniva segnalato il farmacista non in regola, il quale veniva raggiunto dalla sospensione che prevedeva il divieto di stare a contatto con il pubblico, ma non si potersi recare in farmacia, per stare al magazzino ad esempio.

«Il nostro – spiega Benigni – era un provvedimento parziale. Il datore di lavoro doveva provvedere alla sospensione dal servizio, nel caso di collaboratori. Ma se si trattava di un titolare, potevamo intervenire meno».  

I farmacisti appartengono ad una categoria rimasta sempre in prima linea nella lotta al Covid. Il loro è un mestiere a rischio, ma non per questo hanno abbandonato il campo negli oltre due anni di pandemia.

«Diversi colleghi si sono contagiati in servizio – ricorda Benigni – uno di loro non ce l’ha fatta, il dottor Patrizio Forti Paolini di Santa Vittoria in Matenano».

L’impegno dei farmacisti non è stato solo nel somministrare medicinali ai pazienti che ne avevano bisogno, a recapitarli a casa se richiesto. E’ continuato con i vaccini, tante le farmacie che hanno dato la disponibilità per  questo tipo di servizio. E con i tamponi che nelle città più grandi le strutture effettuano nell’ordine di 300, anche 400 al giorno.

In merito ai test, dottor Benigni, quanto possono considerarsi affidabili, anche di fronte alle nuove varianti?

«I tamponi che utilizziamo o vendiamo sono sempre di ultima generazione e che hanno raggiunto livelli altissimi di affidabilità, anche per la Omicron. Quasi tutti ora stiamo utilizzando o vendendo tamponi prodotti nel mese di dicembre 2021. Le farmacie non fanno giacenza, sia perché in genere consumano tutti quelli che hanno a disposizione sia perché accantonano quelli più “vecchi”».

C’è differenza tra fare il tampone in farmacia oppure a casa?

«I kit sono diversi. Quelli che si vendono sono più semplici da utilizzare. Entrambe le tipologie, però, sono affidabilissime. Se fatti in farmacia, i test positivi vengono automaticamente segnalati al Dipartimento di prevenzione e c’è l’immediato rilascio del green pass base. Se emerge una positività dal tampone fatto a casa, il cittadino è tenuto a segnalarsi subito all’autorità sanitaria». 



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