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“Fase 2”, il vescovo Giovanni D’Ercole:
«Le chiese non sono più contagiose
dei supermercati» (Il video)

EMERGENZA CORONAVIRUS - Il capo della Diocesi di Ascoli fa propria e rinforza la reazione della Conferenza Episcopale Italiana sul divieto di ripristinare le celebrazioni religiose. Viste le polemiche suscitate dall'anticipazione del premier Conte, è possibile una revisione della disposizione governativa  
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di Simone Corradetti
«I Vescovi non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale». E’ questa la reazione della Conferenza episcopale italiana a quanto deciso dal Governo Conte sul divieto di esercitare funzioni religiose, fatta eccezione per i funerali che torneranno ad essere celebrati con un massimo di 15 persone.
Nelle ultime ore, viste le polemiche, il Governo centrale si è impegnato a studiare un protocollo di sicurezza con il comitato scientifico, che consentirà ai fedeli di partecipare alle liturgie.

Il vescovo D’Ercole (Foto Vagnoni)

Nel frattempo è sceso in campo sull’argomento anche il vescovo della Diocesi di Ascoli, Giovanni D’Ercole.

«Sentire che non si potevano ancora celebrare le messe – ha detto in un video messaggio – è stata una doccia fredda. Il Governo aveva detto che con la Cei ci sarebbe stato un rapporto cordiale, ma non è stato esattamente così.
Vorrei dire al comitato scientifico: non è vero che le chiese sono il luogo del contagio, perché i nostri sacerdoti sono responsabili.
I fedeli – prosegue il vescovo – ci chiede poter partecipare ai sacramenti, viste le gravi condizioni di molte famiglie.
E’ stato terribile vedere tutti quei defunti, che non hanno potuto salutare i familiari e sono stati portati direttamente al cimitero.
La Chiesa – conclude – non è il luogo degli untori. Non più dei supermercati o delle tabaccherie. E bisogna sempre tenere in considerazione il diritto inviolabile al culto».

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