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“Forme del paesaggio”
di Tullio Pericoli:
oltre 9.000 visitatori

ASCOLI - Ci sono ancora due mesi per visitare la raccolta di opere, che vanno dal 1970 al 2018, dell'artista originario di Colli del Tronto. La mostra allestita a Palazzo dei Capitani chiuderà il 3 maggio
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Carlo Ginzburg ed Emilio Di Vito nella recente visita alla mostra insieme agli organzzatori Maurizio Capponi e Carlo Bachetti Doria

Il 3 maggio 2020 chiuderà la Mostra “Tullio Pericoli. Forme del paesaggio. 1970-2018”, allestita al primo piano di Palazzo dei Capitani. Dal 22 marzo 2019, giorno dell’apertura, l’evento ha registrato oltre 9.000 visitatori provenienti anche dall’estero, da 16 nazionalità differenti per un’incidenza di circa il 10% del totale, in maggioranza da Francia, Inghilterra e Svizzera. I visitatori italiani sono arrivati per il 65% da fuori regione, con netta prevalenza di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il 15% dalle province marchigiane, il 10% sono di Ascoli.

In queste percentuali non sono compresi gli studenti, provenienti da scuole di ogni ordine e grado, che hanno affollato i laboratori realizzando materiali di grande qualità ed interesse.

Sono 160 le opere esposte, realizzate in 50 anni di attività e dalle quali emerge l’evoluzione del paesaggio passato tra le mani dell’uomo e danneggiato dal disastroso terremoto del 2016 che tanto ha scosso l’artista di Colli del Tronto. Proprio la sala che apre il percorso è dedicata alle opere che traggono origine dagli sconvolgimenti paesaggistici dovuti al terremoto: forme dissestate, movimenti tellurici del segno e del colore con immagini restituite in tutta la loro drammatica fragilità. Tullio Pericoli ha guardato sempre al di dentro e al di sotto, del paesaggio. Non per nulla le sue prime opere (1970-1973), quasi profetiche, sono quelle del ciclo delle “Geologie” con immagini stratificate, sezioni materiche e strutture sismiche.

L’intera esposizione rappresenta un’occasione unica e irripetibile per «entrare e uscire dal paesaggio cercando di capire a prima vista non solo quello che arriva agli occhi», come l’autore stesso si è espresso riguardo al suo lavoro.

«Le nostre facce – aveva detto durante la presentazione della mostra, resa possibile dalla Fondazione Carisap – non sono solo quella cosa che è disegnata in superficie ma ci sono dei movimenti interiori che determinano la forma della superficie. Così avviene per i miei paesaggi. Sono ritratti. La stessa ricerca che io applico nel fare il ritratto di un volto la utilizzo nel ritrarre il paesaggio».

 


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