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Straziante addio a Marco Stortoni
«Le tue impronte sui nostri cuori
non si scioglieranno
come quelle sulla neve»

COMUNANZA - Oltre 1.000 persone per salutare il pasticcere vittima di una fatale caduta in montagna, lo scorso 23 febbraio. Commovente lettera della sorella, letta durante il rito celebrato dai parroci di Comunanza, don Luca Rammella, e di Montefalcone don Giordano De Angelis. Tra la folla inconsolabile, anche il sindaco Cesaroni e Cesare Milani, direttore di Area Vasta 5, amico e concittadino di Marco - TUTTE LE FOTO
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Oltre mille persone, forse 1.500, assiepate sui gradoni del piazzale del Palasport di Comunanza hanno voluto dire addio a Marco Stortoni, il pasticcere che la “sua” montagna ha deciso di riprendersi, il 23 febbraio scorso.

Marco è stato ritrovato solo la mattina dopo, ai piedi del canalone dal quale è caduto. Lui così esperto di quei sentieri che avrebbero scoraggiato i più. Lui sempre pronto a spingersi oltre nella vita, come nella generosità e nella gentilezza.

Non si danno pace gli amici e i familiari. Troppo presto, inaspettato quanto accaduto (leggi qui).

Ad omaggiare Marco nel suo ultimo viaggio c’erano persone provenienti da tutta l’area di Sibillini, ma anche da Ascoli. Perché in tanti lo conoscevano ed avevano avuto modo di apprezzarne le qualità umane e professionali.

Tutti ben distanziati nel rispetto delle norme anti Covid, con le mascherine che hanno raccolto fiumi di lacrime in un composto silenzio, davanti alla bara bianca ricoperta di fiori, tra i quali spiccavano lo zaino ed il caschetto da montagna, compagni ormai inseparabili di Marco nel suo tempo libero.

Tra la folla, c’erano il sindaco Alvaro Cesaroni, di Comunanza dove viveva il resto della famiglia Stortoni e dove da decenni è insediata la  pasticceria, e Cesare Milani, direttore di Area Vasta 5, amico da sempre di Marco Stortoni e residente a Montefalcone Appennino, come lo era Marco.

I Carabinieri della locale stazione ed i volontari della Croce Rossa dei Sibillini e della Protezione Civile ad ordinare il fiume di auto che arrivava, poi rimasti sul posto, in caso di bisogno.

Inconsolabili l’anziana mamma Elena ed i fratelli Fausto e Roberta.

Sono di quest’ultima le parole lette durante la cerimonia funebre e che meglio di chiunque altro hanno raccontato di Marco, dalla terribile notte che ha tenuto un’intera comunità con le dita incrociate, per tornare indietro nei ricordi, che rimarranno indelebili.

«Ci ostiniamo a credere che il sole possa illuminarci per sempre, invece per noi è scesa la sera, buia come quella notte infinita in cui ti cercavamo senza sosta e, nonostante fosse illuminata a giorno la montagna, essa taceva.

Una notte che porteremo per sempre sulla pelle, una notte in cui un paese intero non dormiva a pregava per te.

Gli amici di una vita, fratelli di cuore, erano corsi lassù per starti vicino, ma tu eri già volato altrove, leggero e indiscreto, misterioso come sempre, lasciando solo qualche impronta nella neve.

Ma se la neve si scioglie e svanisce, guarda qui oggi Marco quanto amore c’è per te, arrivato da ogni dove, perché le tue vere impronte non erano di neve, ma sapevano di rimanere nel cuore della gente.

Dei suoi lati spigolosi, ne siete stati testimoni in tanti: sempre sfuggente, sempre veloce, sempre restio ad aprirsi, rompiscatole e precisino come pochi. Ma sappiate che più avete conosciuto le sue ruvidità, più potrete dire di esservi avvicinati alla sua anima e di essere stati ben amati.

In questi giorni dolorosi pieni di pensieri, una cosa ho capito netta e decisa Marco, che nella tua vita veloce, dove correvi sempre alla ricerca di chissà cosa, passo dopo passo hai compiuto un’ascesa, un nuovo traguardo, ma al contempo una nuova sfida da lanciare a te stesso.

Chissà, forse seguivi solo una voce che ti chiamava, ma allora io credo che quello che è successo non sia un caso, credo piuttosto che Dio abbia pesato i tuoi errori e la tua anima ed abbia deciso che eri un uomo, completo e pronto, un uomo giusto e ti ha aspettato lì, nel punto più alto, dove anche salire al cielo sarebbe stato più facile.

Ci lasci un vuoto immenso, ma anche un’eredità pesante, che difficilmente sapremo meritare ed eguagliare. L’eredità di un uomo che ha vissuto i suoi sogni fino in fondo e questa è l’unica cosa che conta. Ora vola alto, verso nuovi straordinari percorsi e, quando potrai, torna verso il basso e, anche per poco, camminaci accanto».

«Marco oggi vuole ricordarci che la vita è bella e vale la pena di viverla bene», ha detto don Luca Rammella, parroco di Comunanza, che ha concelebrato insieme con don Giordano De Angelis, parroco di Montefalcone.

«In questi giorni – ha continuato don Rammella, con parole intense e ricche di speranza, seppure intrise di dolore al quale nemmeno un religioso è esente – ho pensato all’amore di Marco per la montagna. Ho pensato a quest’uomo che lavorava tutti i giorni ed aveva un giorno libero, di cui aveva bisogno per ricapitolare, per rimettere a posto tante cose nella mente. 

Chissà quante volte avesse visto qualcosa di bello, magari un tramonto, un fiore, una parete di roccia, un albero fiorito ed avesse pensato di volerlo far vedere alle persone che stavano laggiù: ai parenti, agli amici che lavoravano chiusi nelle fabbriche.

Voleva andare da solo, sebbene molti gli avessero detto che fosse troppo pericoloso, ma lui sentiva questo richiamo chiaro di questo momento di collegamento tra lui e Dio e di collegamento tra Dio e gli uomini attraverso la sua preghiera, silenziosa, ma pura e bella.

Come Gesù davanti alla morte di Lazzaro, anche noi abbiamo percepito un attaccamento stretto alla vita e l’orrore della morte, perché Gesù, come noi, non vuole la morte, bensì la vita e per questo credo che questo inno alla vita – che è stata la vita di Marco – debba ricordarci quanto è preziosa la vita in questo momento in cui tutti siamo un po’ tendenti alla depressione, impauriti per ciò che accade e per un futuro che ci sembra tanto incerto.

Vale la pena di sforzarsi di essere buoni e di accorciarsi le maniche per aiutare le persone. Vale la pena di guardare le cose belle della vita, perché non ci sono solo le cose brutte.

Marco ci ricorda che vale la pena di alzare gli occhi al cielo e dire a Dio che le cose che lui ha fatto sono belle».

Marco Stortoni, dopo il funerale, è stato tumulato nel cimitero di Comunanza.

m.n.g.


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