Cecilia Capriotti durante la trasmissione di “Italia Uno”
di Walter Luzi
Cecilia Capriotti, il mito è tornato in tv. Anzi, meglio, stiamo al passo con i tempi, e con il titolo del programma, il suo è stato the return. Dopo qualche anno di assenza dal piccolo e dal grande schermo si è rivista, finalmente, Cecilia nostra. Oddio, non è che “Back to school” su “Italia Uno”, sia proprio il massimo, ma nella vita ci si deve accontentare spesso di ciò che passa il convento.
E nei palinsesti televisivi di tutte le reti ultimamente stanno spuntando come funghi programmi, rubriche e ospitate destinate al riciclaggio. Amarcord di tanti personaggi finiti nel dimenticatoio, ex di tutte le categorie rimasti fuori dal giro che conta, non sempre per propri demeriti, alla disperata ricerca di nuova visibilità. Comprensibile. Ma intristisce, quasi sempre, la messa in piazza, parecchio patetica, di emozioni, frustrazioni, e financo di veri e propri drammi famigliari. Dati in pasto senza dignità alle telecamere. Ad uso e consumo di una platea televisiva morbosa e cinica. Anche questa al passo con i tempi.
Manola Capriotti
Non è il caso di Back to school. Qui si celebra, semplicemente, la grassa ignoranza universale. Della quale non si inorridisce, ma ci si bea. Quella che porta i parenti, o gli amici di famiglia, a diventare ministri. O i cognomi illustri e pesanti a diventare primari ospedalieri senza merito. Qui si ride, a crepapelle, dell’incompetenza, dell’analfabetismo culturale diffuso di cui è permeata, ahinoi, tutta la società contemporanea. Ad ogni livello. Una povertà intellettuale ostentata senza vergogna, e sdoganata senza scrupoli dalle tv di ogni padrone. Con Mediaset a fare, per restare in tema, da inarrivabile capoclasse.
Cecilia nostra è sempre lei. Bellissima e candida. Nonostante il traguardo del mezzo secolo di vita incombente. Maturata dalla maternità vissuta nel 2016 con l’arrivo di Maria Isabelle, affida ad un look castigato e sobrio il suo ritorno sugli schermi. La classe non è acqua. L’accompagna, come sostenitrice, l’inseparabile sorella maggiore Manola. Che potrebbe, se volesse, rubarle benissimo la scena. «Mia sorella – dice lei presentandola all’inizio – è un tipo imprevedibile. Capace di sorprendere. Staremo a vedere».
Ma, almeno per questa volta, Cecilia non riesce a distinguersi nel grigiore cupo dell’impreparazione generale. I maestrini e le maestrine, bambini, stentano ad inquadrarla. Lei dice che avrebbe potuto fare la fotografa, invece della donna di spettacolo, memore dei suoi studi giovanili all’Istituto d’Arte “Licini” della sua città. Ma era troppo bella. Ascoli, che le ha tributato negli anni affetto sincero e malevoli invidie, le andava stretta. Ci ha provato. Sfruttando l’abbrivo di Miss Italia 2000 ha fatto teatro e cinema, televisione e pubblicità. Fra alti e bassi che fanno parte di ogni vita. Ma senza snaturarsi.
Restando sempre la strafiga di Porta Solestà, di cui per due edizioni, prima e dopo il trionfo di Salsomaggiore, ha vestito i panni della dama nella Quintana. Con pregi fuori dal comune e difetti comuni. Combattendo i suoi limiti e sforzandosi di crescere ad ogni diversa esperienza affrontata. Accompagnata dalla pronuncia di quella “erre moscia” che l’ha sempre caratterizzata. La redazione della Panicucci, eterna bambolina, gli affida subito un insegnante supplementare, di sostegno. Non è incoraggiante, come premessa. Geografia, spagnolo, cultura generale le materie da portare in un esame da quinta elementare.
Troverà difficoltà in quasi tutte, nonostante i suggerimenti copiosi, e sanzionati dalla commissione, dei compagni di classe. Attenta, compita, volenterosa avrà anche studiato, ma nelle interrogazioni è un mezzo disastro. E c’è anche chi, straordinariamente bella quanto lei, fa anche peggio di lei. La compagna di classe Elena Morali, che ricordiamo, sulla stessa rete, solo come una delle Pupe più belle fra i secchioni, ripetente, dimostra una somaraggine cosmica. Ad un certo punto viene in mente il sospetto che stiano, tutti, seguendo le battute di un copione preconfezionato. Pare impossibile, soprattutto a noi… all’antica, pardon, boomer, che abbiamo studiato alla cartina geografica anche i capoluoghi di provincia e i fiumi con tutti gli affluenti, toccare certe vette di esilarante e desolante ignoranza.
Finisce rimandata in numerosa compagnia. Mal comune mezzo gaudio. Lei e la Morali protestano pure per il verdetto, ritenuto immeritato, della malcapitata commissione d’esame. Ma è per ridere ancora un po’. Tutto scritto in copione anche questo vedrai. Rimane a confortarci questo dubbio, che è anche una speranza. Diversamente sarebbe, stavolta non sbagliamo il termine nel lessico (povero e anglofono, però alla moda) giovanile contemporaneo, tutto molto, molto cringe.
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