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Si nasce, nel Piceno: numeri in crescita negli ultimi tre anni, in controtendenza nazionale

NEL 2023 sono registrate 1.206 nascite contro le 1.179 del 2022 e le 1.165 del 2021. Il punto con il direttore del dottor Andrea Chiari, direttore del Dipartimento Materno Infantile di Ast Ascoli.  Sull'eventuale accorpamento dei reparti: «E' una questione "culturale". Poi sposterebbe come un bicchiere dal mare». Sui risvolti della pandemia: «San Benedetto ha perso due peculiarità in grado di attrarre». Intanto è nato il primo bimbo del 2024  al "Madonna del Soccorso"
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Nei riquadri, il primo bimbo nato del 2024 a San Benedetto ed il dottor Andrea Chiari

 

di Maria Nerina Galiè

Si nasce, nel Piceno dove – in controtendenza con il calo demografico ormai piaga nazionale – il numero dei nuovi nati – seppure di poche unità – è andato a cresce negli ultimi tre anni: 1.165 nel 2021, 1179 nel 2022 e 1.206 nel 2023 (fino al 29 dicembre).

Nascono cittadini del Piceno e se sulla carta d’identità, alla voce “nato a”, il pargolo diventato adulto riporta Ascoli o San Benedetto, poco dovrebbe importare, ma non è così per tutti, nella diatriba tra i due centri, che non si esclude saranno chiamati  ad un accorpamento del reparto in un’unica struttura.

La provincia ha due punti nascita, all’ospedale “Mazzoni” di Ascoli (i nati sono stati 514 nel 2021, 519 nel 2022 e 576 nel 2023) e al “Madonna del Soccorso” di San Benedetto (a nascere sono stati 651 nel 2021, 660 nel 2022 e 630 nel 2023), teatro della simpatica iniziativa di regalare un completino del Samb a tutti i nuovi nati del 2024 (leggi qui)

Ed il primo piccolo “tifoso della Samb” non si è fatto attendere: alle 3.16 della notte di Capodanno è nato un bel maschietto di 3,6 chili, al quale è stato consegnato il primo kit della Sambenedettese (leggi qui).

 

L’occasione, in attesa degli altri bimbi che si affacceranno al mondo in questo inizio anno, è quella di fare il punto sulle nascite nel Piceno con il dottor Andrea Chiari, direttore del Dipartimento Materno Infantile di Ast Ascoli e primario di Ginecologia e Ostetricia di San Benedetto.

 

Meglio un solo punto nascita in provincia, o due come sono ora, dottor Chiari? 

 

«L’eventuale accorpamento di punti nascita o di altri reparti  equivale a spostare un bicchiere dal mare.

Poi la scelta, come andrebbe fatta? In base al numero della popolazione? Di dove si nasce di più? Della logistica? Del capoluogo di provincia? Non c’è un criterio inappellabile.

La vera utilità, quanto piuttosto quella di avere un unico grande ospedale per provincia. Idea passata nelle stanze della Regione Marche, poi scivolata, per motivi economici a mio giudizio più che territoriali».

 

In che senso, dottore?

«Nessuno degli attuali presidi ospedalieri nelle Marche è in grado di “raddoppiare”. Se ne dovrebbe fare uno nuovo per ciascun territorio, vale a dire 5 ospedali, per un costo di 3 miliardi di euro totali, 500.000 per struttura, in un tempo notevole. La Sanità marchigiana non ha né soldi né tempo».

 

Ancora il direttore sull’argomento: «Poi, c’è la questione “culturale” da affrontare.

Al di là delle decisioni che verranno prese qui, ma sulla scorta di altri casi dove l’accorpamento è diventato realtà come ad esempio nel Pesarese, la cittadinanza fa fatica a partorire in un centro limitrofo, proprio per il fatto che la località resta sul documento d’identità che ci si porta dietro per tutta la vita».

Viene da chiedersi se davvero ai piccoli – futuri protagonisti di un mondo che non ha confini – importerà davvero quello che riportano i loro dati anagrafici.

 

Intanto, guardando a quello che accade negli ospedali piceno, non solo c’è stato un aumento delle nascite, «ma i reparti non soffrono la carenza di personale», evidenzia il direttore del Dipartimento Materno Infantile: «Siamo quelli che dobbiamo essere».

 

E l’attività ginecologica procede senza problemi, non avendo risentito troppo della pandemia.

 

Ne ha risentito invece e molto, il punto nascita di San Benedetto: «Per prima cosa – sono sempre le parole del primario – è stato l’unico ad essere chiuso. Non è accaduto nemmeno nelle zone rosse.

Poi, dopo la riconversione dell’ospedale, da Covid a “normale”, abbiamo perso due peculiarità che di certo avrebbero attratto anche da altre province o regioni.

Una è la vasca per il travaglio ed il parto in acqua. Durante l’emergenza pandemica è stata dismessa e non è possibile riattivarla, in quanto la procedura ora deve rispondere ad altri criteri. Per riavere il servizio c’è una sola strada: acquistarne un’altra».

 

La seconda perdita?

«Il parto in analgesia,  perché gli anestesisti sono stati precettati per l’emergenza sanitaria e tutt’ora sono “in allerta”. Quindi niente parto indolore per adesso nel Piceno».

 

 



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