Le chiavi del Regno alla Cartiera Papale, simbolo del potere pontificio
ASCOLI - Sulle rive del Castellano fu costruito, circa 900 anni fa, un opificio polifunzionale all’avanguardia, rimasto in attività fino al 1920. Un attento restauro lo ha restituito alla fruizione della cittadinanza: oltre all’interesse legato all’archeologia industriale, ospita diverse strutture museali e conserva testimonianze della storia antica della città, tra le quali uno stemma lapideo dalla storia interessante
La pianta di Ascoli di Emidio Ferretti (1646), nell’ingrandimento il complesso degli Opifici di Porta Cartara
di Gabriele Vecchioni
In un precedente articolo è stata analizzata la struttura (e la storia) della Cartiera Papale di Ascoli, un monumentale edificio situato proprio sotto la mastodontica anticlinale del Castellano, su un’ansa dell’affluente del Tronto, per sfruttare la rilevante portata del corso d’acqua. “Il complesso della Cartiera Papale era, in realtà, un opificio polifunzionale, costituito da quattro edifici, costruiti in tempi diversi fino ad arrivare alla figura attuale, restaurata in tempi recenti (2002). Il primo edificio fu la struttura molitoria, alla quale si aggiunse una gualchiera (o valcherìa, sec. XV), un frantoio (pistrinum aquaticum), una ferriera (e ramiera). L’ultimo step fu la realizzazione della cartiera”.
Antica stampa raffigurante il cardinale Egidio Albornoz, restauratore del Governo pontificio nelle Marche e nella Romagna
L’edificio è realmente imponente. La sistemazione del complesso si deve alla volontà di Papa Giulio II Della Rovere che diede l’incarico (1512) all’architetto Alberto da Piacenza. La tradizione vuole che al progetto abbia partecipato, come assistente, anche un giovanissimo Cola dell’Amatrice che più tardi, nel 1525, avrebbe progettato i muri di rinforzo contro le piene del torrente. Rimandiamo all’articolo citato (leggilo qui) quanti fossero interessati ad approfondire le tematiche relative a questo edificio cittadino.
A.M. Eustacchi ha scritto che “poche fabbriche hanno una così importante struttura architettonica che ben figura nelle pagine dell’arte rinascimentale e non solo ascolana” (1996). La Cartiera papale ha subìto un impegnativo, radicale restauro che ha restituito all’edificio le volumetrie e l’imponenza di un tempo, permettendo, nel contempo, la sua fruizione, dopo decenni di abbandono. Il tutto è documentato da un volume (Gli opifici di Porta Cartara ad Ascoli Piceno. Storia e futuro di un complesso industriale, Maroni Ed., 1998), riccamente illustrato, che ne ripercorre la storia e le vicissitudini.
In questo articolo, il focus è su un particolare dell’edificio, poco significativo per il funzionamento della struttura “industriale” ma interessante dal punto di vista storico.
Lo scudo lapideo con le chiavi decussate (foto G. Vecchioni)
IL PORTALE MINORE
Sulla facciata dell’edificio si aprono due portali: sull’architrave di quello di destra si legge la scritta “Julius II Pont Max MDXII” (1512). Scritta che si ripete sulla cornice del portale più piccolo, situato a sinistra e più in alto del precedente; sulla mensola, due grossi dadi di pietra presentano un disegno in rilievo, con ghiande e foglie di quercia, chiaro riferimento alla famiglia Della Rovere, alla quale apparteneva Papa Giulio II. La data, inserita molto probabilmente con lettere di piombo, è riportata in maniera anomala (MCCCCCXII), con cinque simboli “C” invece della canonica “D”.
La storia del portale è complessa ed è stata ricostruita nel volume citato. Probabilmente era qui l’ingresso alla cosiddetta “ala dei mulini” che permetteva l’entrata dei carri con il materiale da lavorare e l’uscita di quello macinato. La sistemazione del portale è relativamente recente (sec. XIX), con materiale reimpiegato, tra cui i dadi con i simboli della quercia, provenienti da quello principale e forse usati come semplice abbellimento. Il portale principale fu raccontato da Baldassarre Orsini che descriveva (1790) l’arco di ingresso costituito proprio da questi grossi dadi di pietra.
Sull’architrave del portale minore di accesso all’edificio della Cartiera, oltre alla data (1512) sono fissati tre scudi in pietra: quello pontificio al centro (con le chiavi decussate in risalto), quello di Ascoli a sinistra e, a destra, “uno stemma con due branche su un monte a sei punte, probabilmente appartenuto al vescovo ascolano di quel periodo”). Sulla mensola di coronamento del portale, alla base degli appoggi dell’arco, fanno bella mostra i due già citati grossi dadi di pietra con lo stemma (foglie di quercia e ghianda) del Papa in carica, Giulio II della Rovere.
Architrave del portale minore (foto G. Vecchioni)
LE COSTITUZIONI EGIDIANE
Nel XIV secolo, il Governo Pontificio mise in atto una restaurazione del potere papale, con una incisiva riorganizzazione dello Stato; una Bulla di Innocenzo VI nominò legato apostolico e vicario generale del pontefice l’energico cardinale spagnolo EgidioAlbornoz (il suo nome completo era Gil Álvarez Carrillo de Albornoz). Era l’epoca della “Cattività avignonese” (sec. XIV) e l’Albornoz contribuì all’opera di riordino politico e militare che riportò il papa in Italia (temporaneamente nel 1367, in maniera definitiva dieci anni dopo).
Bruno Molajoli, nel 1953, scrisse che “… nella metà del ‘300, con la legazione del Cardinale Egidio Albornoz, e con le notissime Costituzioni (in realtà, era il Liber Constitutionum Sanctae Matris Ecclesiae) che ne conclusero l’abile opera, riuscirà a ricondurre gran numero di castelli e castelli alle proprie dirette dipendenze”. L’opera dell’Albornoz è materia per gli storici ed esula dagli scopi dell’articolo; ricordiamo solo che le cosiddette Costituzioni Egidiane, che disciplinavano i rapporti dello Stato della Chiesa con la Santa Sede, da lui redatte ed emanate nel 1357, sono rimaste in vigore per più di 450 anni, fino al 1816. Nelle Costituzioni (conosciute anche come Constitutiones marchiae anconitanae), perché l’Albornoz risiedeva ad Ancona), che dividevano lo Stato della Chiesa in cinque province, Ascoli Piceno fu inserita nell’elenco delle principali città dello Stato Pontificio, con il relativo carico di onori e di oneri.
A sinistra il portale minore prima del restauro (foto dal volume citato nel testo), a destra il portale restaurato (foto “I luoghi del silenzio”)
LE CHIAVI DEL REGNO
Dopo la del cardinale (1367), si verificò un indebolimento dell’autorità papale in Italia, per motivi vari (Scisma d’Occidente, signorie, autonomie comunali).
L’Albornoz stabilì che, dall’aprile dell’anno 1357, la riorganizzazione da lui voluta fosse evidente anche dal punto di vista della percezione visiva: in ogni edificio di pertinenza papale doveva apparire ben visibile lo stemma scolpito “in lapide vel saltem depingi coloribus congruis, nella pietra o almeno dipinto con colori adatti” con le insegne della Chiesa. Lo stemma, insegna ufficiale del Papato fin dal sec. XIV, era costituito dalle chiavi decussate (incrociate), un simbolo assai significativo, poiché perpetuava l’idea dell’investitura divina del potere papale: le chiavi erano quelle del Regno di Dio ed erano state affidate da Cristo all’apostolo Pietro («chiavi che Nostro Signore concesse al Beato Pietro, suo vicario, A. De Santis, 1962»).
In alto la Cartiera papale oggi (foto G. Vecchioni), in basso l’edificio negli anni ’90 prima del restauro (foto dal volume citato nel testo)
Una breve digressione sul simbolo scelto. Le chiavi indicano la custodia delle “chiavi del Regno” (e, per estensione, della cristianità). Nelle raffigurazioni non lapidee, le due chiavi sono di colore diverso. Una, color d’oro, punta a destra e indica il potere sul Regno dei cieli; l’altra è d’argento, punta a sinistra e allude all’autorità spirituale del papato in Terra. Le impugnature delle chiavi sono “legate” da due cordoni, chiaro riferimento al legame del potere temporale del Papa con quello spirituale.
Accanto all’insegna dello Stato e a quella del Pontefice canonicamente eletto, ma in posizione meno “importante” andava quella della città o del signore del posto. Le disposizioni, molto rigide, erano tenute in gran conto: persino sulle drappelle appese alle trombe dei banditori si dovevano dipingere le chiavi di San Pietro.
Nell’androne del Palazzo Comunale, a Piazza Arringo, si conserva questa epigrafe: al centro lo scudo con il simbolo ripetuto delle chiavi decussate (foto C. Perugini)
Nel Medioevo la bandiera da guerra della Chiesa era rossa con due chiavi incrociate (di colore giallo, ma potevano essere anche bianche) dal sec. XIV diventa questa la simbologia prevalente
LO SCUDO DI PIETRA
Lo scudo presente sul portale minore dell’edificio della Cartiera papale ascolana è proprio uno di quelli che l’Albornoz volle, bene in evidenza, su ogni possedimento dello Stato della Chiesa. Cinque secoli dopo (a metà Ottocento), quel simbolo ancora veniva usato, come testimoniano i cippi confinari tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli: su una delle parti della colonnetta lapidea figurava l’incisione con le chiavi incrociate. In città, ci sono diverse lapidi con il simbolo delle chiavi decussate; una, ben visibile sopra il portale principale della chiesa di San Tommaso, ha lo stemma con le chiavi e la tiara papale e un’iscrizione che indica la chiesa come appartenente al Capitolo Lateranense (Sacro Sanctae Lateranensis Ecclesiae).
I quartieri occidentali e meridionali di Ascoli e la piega a ginocchio dell’anticlinale di Porta Cartara, sotto la quale si intuiscono gli edifici del complesso della Cartiera papale (foto G. Vecchioni)
CURIOSITA’
Ad Ascoli c’è uno stemma lapideo “sacro” con le chiavi considerato in maniera non-politica ma solo per il loro valore simbolico: si trova dietro l’altare della chiesa di Santa Maria Inter vineas (Santa Bigna per gli ascolani). Lo stemma è quello dei Flagellanti, la confraternita dalla quale prende il nome la chiesa di Santa Maria della Carità (la “Scopa”), a Piazza Roma. Sullo stemma, oltre alla croce della Passione e alla scritta “Societas S.Maria Caritatis”, ci sono le due chiavi non decussate e i flagelli, che “indicano il percorso penitenziale che aprirà il regno dei cieli”.
Le chiavi di Santa Maria inter vineas (Santa Bigna per gli ascolani, foto G. Vecchioni)
La loggetta di Palazzo dei Capitani in Piazza del Popolo, a destra lo stemma con le chiavi decussate (foto C. Perugini)