Le “cascate” del Castellano

ASCOLI - Ogni ascolano conosce le “spiagge” del Castellano, corso dalle acque cristalline, utilizzato spesso dai cittadini come surrogato di quelle dell’Adriatico. Oltre alle golene frequentabili, il Castellano offre anche le “cascate”, salti costruiti per la regimazione delle sue acque. Nell’articolo, il focus è proprio su questi manufatti

25 Febbraio 2024 - Ore 12:46 ...

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Una delle opere di regimazione delle acque, poco a valle del borgo di Castel Trosino. Queste opere idrauliche risalgono a circa ottant’anni fa, ma sono ancora oggi pienamente funzionali (foto G. Vecchioni)

di Gabriele Vecchioni

La valle del Castellano è la via d’accesso naturale che da Ascoli porta ai Monti della Laga. È una valle formatasi in tempi geologici recenti, con il caratteristico profilo a V delle valli fluviali; l’erosione verticale è più accentuata nella parte dell’alto corso ma non ci sono gole con pareti verticali e orridi, segno che essa non è stata particolarmente veloce. A valle di Castel Trosino, poi, le particelle trasportate del corso d’acqua hanno creato strette golene che, per la presenza di numerosi sentieri di accesso, danno al paesaggio un aspetto di via di comunicazione, quale essa è stata, senza dubbio, in tempi remoti.

Abbiamo già trattato l’argomento “Castellano” ma ricordiamo brevemente alcune sue caratteristiche, prima del focus sulle opere artificiali, argomento dell’articolo.

L’invaso della diga di Talvacchia in un momento di massimo riempimento (foto U. De Pasqualis)

Il Castellano e la sua valle sono legati in maniera indissolubile al territorio di Castel Trosino a di Ascoli, per motivi geografico-naturalistici e storico-antropologici. Il torrente nasce al confine tra il Lazio (provincia di Rieti) e l’Abruzzo teramano, a una quota di 2.150 metri, raccogliendo le acque di sorgenti ubicate a oriente della linea di cresta costituita dalla direttrice Cima Lepri, Pizzo di Sevo, Pizzitello e Macera della Morte, nel gruppo dei Monti della Laga. Nel tratto compreso tra le sorgenti e la località di Valle Castellana il corso d’acqua presenta l’aspetto tipico del torrente appenninico, alternando piccoli salti con buche profonde a rapide con pochi centimetri d’acqua (i ghiareti).

Il carattere di torrente di montagna è ben descritto dalle parole di Nicola Palma, storico teramano che scriveva (1837): «… fragoso per effetto delle petraje che incontra tra il nostro bosco Martese ed i boschi soggetti alla sovranità del santo Padre».

Scorre poi nella valle da cui prende il nome, denominata Valle Castellana in epoca storica per il borgo di Castel Trosino, porta geografica della stessa.

Il Castellano è il principale affluente di destra del fiume Tronto e il suo percorso segna il confine tra le Marche e l’Abruzzo per diversi chilometri. Esso convoglia le proprie acque nel Tronto all’interno dell’abitato di Ascoli Piceno, dopo un percorso di circa 45 km; la confluenza tra i due corsi d’acqua ha creato un’area sopraelevata sulla quale è sorta la città picena.

Il Ponte di Cecco dal ponte di Porta Maggiore (foto G. Vecchioni)

Qualche chilometro prima che il corso d’acqua raggiunga l’abitato di Valle Castellana, uno sbarramento dà origine all’ampio bacino artificiale di Talvacchia (articolo precedente, leggilo qui). La diga provoca una consistente riduzione della portata del torrente, compensata in parte dall’apporto di diversi affluenti laterali (i fossi), tra i quali è notevole quello di San Vito. Esiste un altro sbarramento, anch’esso costruito per la produzione di energia elettrica, in località Casette, proprio sotto il masso sul quale sorge il borgo fortificato di Castel Trosino. Il bacino creato dalle acque del fiume ha parzialmente coperto le risorgive di acqua sulfurea, conosciute come “sorgenti salmacine”. Delle peculiarità descritte abbiamo già ampiamente riferito in articoli precedenti, ai quali si rimanda.

Fino alla sua confluenza con il Tronto, le caratteristiche del torrente vengono modificate in maniera considerevole dalla presenza di manufatti (le briglie) per la regimazione delle acque.

Il Castellano dal ponte di Porta Cartara (foto G. Vecchioni)

Il Castellano è un corso d’acqua a carattere torrentizio: la sua portata è cioè legata all’andamento climatico della stagione; nonostante l’irregolarità volumetrica esso è però un fiume di tutto rispetto: basti pensare che fino ai primi anni del ‘900 veniva utilizzato per la fluitazione del legname proveniente dai cedui della Laga (articolo precedente, leggilo qui). Negli anni ’30 furono ultimate le opere di regimazione che hanno causato, tra l’altro, una sensibile uniformità morfologica dell’alveo del fiume: esso si presenta come una successione di ampie buche, con acque profonde e ben ossigenate in corrispondenza dei salti, e di veloci ghiareti tra una soglia idraulica e l’altra. I fondali risultano prevalentemente ghiaiosi, con depositi più o meno consistenti di concrezioni calcaree, legati alla durezza delle acque.

Una delle “cascatelle” (foto G. Vecchioni)

Le soglie idrauliche avevano il compito di regolarizzare il deflusso delle acque superficiali e rendere stabile l’alveo del corso d’acqua. A lato, le rive sono stabilizzate dalle difese di sponda, le briglie, costituite da massi inseriti in strutture contenitive di rete metallica (i gabbioni). Le “cascatelle” sono state costruite anche in città, fin quasi al punto dove il Castellano si getta nel Tronto: una, molto pittoresca, è sotto il Ponte di Cecco, vicino al Forte Malatesta.

Il Ponte di Tasso (foto C. Perugini)

A proposito delle opere di regimazione idraulica descritte (le cosiddette “cascate”), sulla spalla destra (risalendo il corso) del manufatto veniva murata una lapide celebrativa di epoca fascista (siamo negli anni ’30 del Novecento, in pieno Regime). A corredo dell’articolo, è riportata la foto di uno di questi segni del passato prossimo: una lapide commemorativa risalente al 1934; l’incisione sulla pietra reca la scritta A. XII° E. F., che va letta come “12° anno dell’era fascista” perché, in questo caso, gli anni vanno contati dal 1922, la data della Marcia su Roma, una delle ricorrenze più sentite dai governanti dell’epoca (e ancora “festeggiate” da elementi nostalgici). Il reperto, del quale si presenta la documentazione fotografica, è stato asportato da ignoti.

Uno dei ghiareti del Castellano (foto G. Vecchioni)

La portata del fiume si riduce sensibilmente a monte della località Il Pignotto, a causa della diga costruita poco sotto l’abitato di Castel Trosino. L’opera di captazione crea un invaso, l’acqua del quale viene sfruttata, mediante tubazioni, dalla centrale per la produzione dell’energia elettrica ubicata vicino al torrente: il sito di produzione (4.78 GWh l’anno) è telecomandato dall’unità di Montorio al Vomano (Teramo) dal 1996.

Nel tratto compreso tra il Ponte di Tasso e la Centrale, la portata ridotta del fiume, la natura geologica delle sponde e la copertura vegetale delle stesse causano depositi limosi più accentuati rispetto a quelli notati nel tratto più a valle.